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Unicredit-Mustier

Unicredit, Fineco, Pioneer, Mediobanca. Ecco mosse, accelerazioni e spintoni di Mustier

Tutte le ultime manovre di Unicredit guidata da Mustier. Fatti, numeri e commenti

“Penso che la vendita sia una cosa buona sia per Fineco sia per Unicredit”. Detto, fatto. Con la cessione dell’ultima tranche delle azioni di Fineco, l’amministratore delegato Jean Pierre Mustier porta fino in fondo l’idea espressa dopo aver messo sul mercato la prima parte delle azioni detenute nell’istituto guidato da Alessandro Foti.

E ciò nonostante Fineco fosse una controllata redditizia in termini di dividendi, visto che nel 2018 sono stati distribuiti 30,3 cent per azione grazie a un utile di 244 milioni.

L’addio a Fineco rappresenta comunque solo l’ultima di una serie di dismissioni che stanno restringendo il perimetro del gruppo bancario in vista della presentazione del piano industriale 2020-2023 che avverrà a Londra il 3 dicembre prossimo.

Una sorta di marcia al contrario rispetto all’avanzata – sia in termini di chilometri sia in termini di proprietà – portata avanti nei primi anni Duemila dall’allora amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo.

L’ADDIO A FINECO

Ma torniamo ai giorni nostri e all’era Mustier. Lunedì scorso la banca di piazza Gae Aulenti ha annunciato di aver completato con successo la procedura di accelerated bookbuilding per la cessione a investitori istituzionali di circa 111,6 milioni di azioni ordinarie detenute in FinecoBank, corrispondenti a circa il 18,3% del capitale azionario della società al prezzo di 9,85 euro per azione. Un’operazione per cui Unicredit si è avvalsa di JP Morgan, UBS Investment Banking e Unicredit Corporate & Investment Banking e che le ha fruttato 1,099 miliardi di euro.

LO SCONTO

Il prezzo di vendita incorpora peraltro uno sconto di circa il 4,4% rispetto all’ultimo prezzo di chiusura delle contrattazioni del titolo Fineco prima dell’annuncio. Con la cessione si stima per il gruppo di Mustier un impatto patrimoniale per un aumento di circa 30 punti base nel CET1 capital ratio del gruppo nel terzo trimestre dell’anno in corso. Analisti fanno notare che con il maxi-incasso che ne deriva Unicredit fa un buon passo per raggiungere la parte superiore del buffer di 200-250 punti base di CET1 sui requisiti minimi patrimoniali entro fine 2019 così come aveva programmato.

LA PRIMA CESSIONE DI FINECO A MAGGIO

A maggio Unicredit aveva già ceduto quasi la metà delle azioni allora in portafoglio, circa 103,5 milioni al valore di 9,80 euro per azione, ovvero il 17% del capitale azionario di Fineco, realizzando una plusvalenza intorno ai 500 milioni. In quell’occasione Unicredit aveva sottoscritto un impegno a non disporre delle azioni rimanenti di Fineco per 120 giorni dalla data di regolamento dell’operazione. Dunque, gli analisti si attendevano una prossima mossa in autunno. Invece, Mustier a sorpresa ha accelerato

IL MANCATO RISPETTO DEL LOCK UP

Un atto, quello che ha portato al mancato rispetto del lock up dopo la prima tranche – e nonostante sia stato suffragato da pareri legali -, che non è stato particolarmente apprezzato dalla comunità finanziaria, notano analisti che preferiscono l’anonimato. Un segnale di mancato rispetto dei patti.

CHE COSA DICONO I REPORT SU UNICREDIT-FINECO

All’indomani della cessione della prima tranche di azioni Fineco, vari dubbi erano stati espressi dagli analisti di mercato. Mediobanca Securities (gruppo Mediobanca) aveva sottolineato che “sebbene l’operazione dal punto di vista finanziario abbia un senso visti i multipli di Fineco, la perdita di controllo sulla società potrà essere percepita anche come una riduzione di competenze nel fintech, vista la leadership di Fineco in questo ambito”.

LE FRIZIONI MUSTIER-NAGEL

D’altronde i rapporti fra Mustier e la banca d’affari guidata da Alberto Nagel non sono troppo idilliaci. Unicredit è azionista di Mediobanca, che non vuole mollare tanto la presa di Assicurazioni Generali. Mustier scalpita non poco. Giorni fa in un’intervista alla Stampa, alla domanda “dopo Fineco siete pronti all’uscita da Mediobanca”, il capo azienda di Unicredit ha risposto: “E’ un investimento finanziario. Allo scioglimento del vecchio patto l’anno scorso avevamo proposto un patto più vincolante per proteggere le banche e le sue controllate, Generali in primis. I soci italiani non hanno voluto. La banca è ben gestita, spero che il prezzo salga di conseguenza”. Una bordata indirizzata a Nagel, è stata l’interpretazione dei più. “Mustier nella sostanza ha fatto notare che Mediobanca blocca il deal su Generali perché teme che il castello di Mediobanca salti”, dice a Start un addetto ai lavori.

IL REPORT DI EQUITA

Secondo Equita, invece, “l’integrale uscita di Unicredit dal capitale di Fineco” rappresentava “una notizia del tutto inaspettata che ci lascia perplessi dal punto di vista strategico visto le potenzialità di crescita nel lungo termine del business model di Fineco”. Inoltre, si notava, “il mercato potrebbe interrogarsi sul razionale della cessione che, al momento, dal nostro punto di vista sembra legato esclusivamente ad un tema di capital management”.

LE ALTRE DISMISSIONI DI UNICREDIT

Come dicevamo, il manager francese punta da tempo ormai a ridurre il perimetro del gruppo. Milano Finanza ricorda che, dal suo arrivo, sono finiti sul mercato il 32,8% della polacca Bank Pekao, l’asset manager Pioneer, le attività di elaborazione dei pagamenti con carte in Italia, Germania e Austria e la banca ucraina Ukrsotsbank. Inoltre, da qualche mese è stato messo in vendita un pacchetto di immobili non strumentali, a partire dalle filiali ormai non più utilizzate, per un valore complessivo di un miliardo di euro, che pare interessi fra gli altri al fondo Blackstone.

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