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Unicredit Conti

Perché per Unicredit si teme lo shopping di Société Générale

Il Taccuino di Gianfranco Polillo fra mercati e politica con un focus sugli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce e gli scenari su Unicredit Analisi concorde da parte di molti osservatori. Dopo le attese della mattinata, che aveva visto il Ftse-Mib, sovrastare le altre borse del Continente, a quanto sembra, il discorso…

Analisi concorde da parte di molti osservatori. Dopo le attese della mattinata, che aveva visto il Ftse-Mib, sovrastare le altre borse del Continente, a quanto sembra, il discorso d’investitura del neopresidente del Consiglio non dovrebbe aver convinto. Ed ecco, allora, quanto scrive Il Sole 24 ore: “L’indice milanese, arrivato a far segnare la migliore prestazione del Vecchio Continente, è scivolato in rosso proprio in concomitanza con l’inizio del discorso programmatico di Conte che, tra le altre cose, ha ribadito la volontà di agire con forza per adeguare la governance europea, prima di riprendere quota. Il nervosismo è testimoniato anche dalle brusche oscillazioni dello spread BTp-Bund, salito ripetutamente oltre i 230 punti base”.

Diagnosi più o meno analoga da parte dell’Ansa, del primo pomeriggio: “Tornano segnali di tensione sui Btp italiani dopo che il premier Giuseppe Conte ha ribadito alcuni dei punti fermi del programma della coalizione Lega-M5s. Lo spread tra Btp decennale e Bund sfiora i 240 punti base, invertendo il trend ribassista degli ultimi cinque giorni dopo che aveva segnato 323 la scorsa settimana. Il Btp rende il 2,74%. Spread a 165 sulla scadenza a due anni, con il Btp che vede il rendimento tornare sopra l’1%”.

Avvisaglie di possibili tempeste. In mattinata aveva fatto scalpore un articolo del Financial Times in cui si dava notizia che la Bce, durante i giorni critici della formazione del Governo, aveva ridotto gli acquisti di titoli italiani, contribuendo a determinare il rialzo degli spread. Variante un po’ più sofisticata della vecchia idea del complotto contro “il governo euroscettico”. Termine, quest’ultimo poi modificato in una nuova versione dello stesso articolo in “governo populista”.

Chissà se Giuseppe Conte non si riferisse proprio a quest’episodio quando aveva rivendicato per sé e per il proprio Governo proprio il termine “populista”? Beninteso se “populismo – citiamo testualmente – è l’attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente”.

Comunque sia, dalle elaborazioni del Financial Times risultava evidente lo spostamento di fondi a favore del Bund tedesco, con penalizzazione dei titoli della Francia, della Spagna e dell’Italia. Normali operazioni di tesoreria o diabolico intendimento? Il relativo tracciato non svela il mistero.

Nei primi giorni di maggio il rendimento del titolo tedesco era cresciuto dallo 0,53 (3 maggio) allo 0,64 (17 maggio): segno che mani forti stavano acquistando, ma subito dopo era crollato ben al di sotto di quei valori: un minimo di 0,29 (29 maggio) per poi risalire leggermente. Forse il periodo d’osservazione del quotidiano finanziario è stato troppo breve per portare a qualsiasi conclusione. Cosa che non ha impedito al blog dei 5 stelle di anticipare il tenore di un’interrogazione presentata al Parlamento europeo.

“Nelle ultime settimane di maggio – questo il testo – mentre in Italia erano in atto tentativi di formazione del governo, si sono registrate forti tensioni sul mercato dei titoli di Stato italiani, che hanno portato lo spread tra BTP e Bund a 10 anni a superare i 300 punti base, record dal 2013. Considerando che la BCE detiene e movimenta un ingente ammontare di titoli di Stato dei Paesi dell’Eurozona per perseguire i suoi obiettivi di politica monetaria, specialmente nel quadro del programma di acquisto di attività del settore pubblico sui mercati secondari (PSPP). Si chiede, pertanto, alla BCE: di fornire i dati aggiornati relativi ai volumi in acquisto e in vendita dei titoli di Stato italiani e tedeschi, ad opera della BCE nonché delle rispettive banche centrali nazionali dell’Eurosistema, nelle settimane del 14-18 maggio, 21-25 maggio e 28-31 maggio; di specificare le ragioni alla base di eventuali significative variazioni rispetto ai volumi operati su titoli di Stato italiani e tedeschi nelle settimane precedenti a quelle prese in considerazione; di indicare il margine residuale di titoli pubblici acquistabili nell’ambito del PSPP per quanto riguarda l’Italia, rispetto ai limiti all’acquisto del 33% per emissione e per emittente previsti dal programma”.

Con il trascorrere delle ore, tuttavia, il clima in borsa peggiorava. Alle 14,30 si era rimangiata tutto il rialzo (fino ad un massimo dello 0,84 per cento) conseguito in mattinata. Per lo spread non era andato meglio. Alle 13 lo spread era pari a 225 punti base. Due ore dopo raggiungeva i 241 punti, per poi ballare intorno a questa vetta. In chiusura, di nuovo il profondo rosso, con una perdita dell1,18 per cento in borsa e spread a 238,9 punti base, che ritornava ai livelli d’apertura.

La falcidia dei titoli del listino riguardava quasi tutti. Soprattutto le banche: sempre più “ventre molle” del mercato. Preoccupante il calo delle ammiraglie delle banche italiane con Intesa e Unicredit che lasciavano sul terreno rispettivamente il 3,83 ed il 3,56 per cento. La prima circa 4 punti sotto il minimo storico di un anno. La seconda di quasi 9 punti. Se dovesse continuare così l’eventuale merger, di cui si parla, tra Unicredit e la francese Société Générale, più che una fusione, sarebbe una sorta di incorporazione a favore della seconda.

In questo piccolo disastro, qualche sprazzo è venuto da una decina di titoli in rialzo con alla testa Stmicroelectronics, che guadagna oltre il 4 per cento, seguita dai titoli del comparto industriale. Contrastata, infine, la scuderia dei titoli Fiat. Guadagna Ferrari, poco comma la stessa Fiat, in calo l’holding di famiglia: la Exor.

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