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Perché è impeccabile la prima intervista di Tria da ministro dell’Economia

Il commento di Gianfranco Polillo a latere della prima intervista di Giovanni Tria da ministro dell’Economia Non avevamo dubbi. La prima lunga intervista di Giovanni Tria si muove nel solco della razionalità economica e della conoscenza profonda dei meccanismi che ne regola la prospettiva. Avendo frequentato il ministro da moltissimi anni, nelle sue parole abbiamo…

Non avevamo dubbi. La prima lunga intervista di Giovanni Tria si muove nel solco della razionalità economica e della conoscenza profonda dei meccanismi che ne regola la prospettiva.

Avendo frequentato il ministro da moltissimi anni, nelle sue parole abbiamo ritrovato l’eco di discussioni antiche. Ancora più distillate dal peso delle nuove responsabilità che gli sono cadute addosso. d il risultato gli è valso un riconoscimento ampio che ha superato i confini della maggioranza parlamentare. Com’è giusto che sia. Compito specifico del ministro dell’Economia è garantire tutti gli italiani. Promuovere prospettive di sviluppo, difendere il risparmio da possibili assalti esterni, tranquillizzare le famiglie ed esercitare nei confronti dell’Europa la nobile arte della convinzione.

La parola chiave del suo intervento è che l’Italia non intende uscire dall’euro. Nessun piano B, quindi, all’orizzonte. Ma politiche coerenti con questo fine. Che non significa necessariamente abbracciare la retorica della “lesina”. Al contrario l’esperienza storica italiana più recente dimostra, come del resto indicato dal governatore della Banca d’Italia, che l’accanimento terapeutico, come accade del resto in medicina, può procurare danni maggiori dei possibili benefici. E dal 2011 in poi, purtroppo, di tutto ciò non si è tenuto nel debito conto. La conseguenza è stata che il rapporto debito-Pil è aumentato di circa 30 punti. Mentre dalla nascita dell’euro, prima della grande crisi internazionale, era diminuito seppur di poco. Comunque collocandosi sotto il valore simbolico del 100 per cento.

Dobbiamo convincere l’Europa delle nostre buone ragioni. Impostare un gioco cooperativo. La difesa degli interessi nazionali, in una prospettiva di breve e lungo periodo, coincide con gli interessi dell’Europa tutta. La dimostrazione è “a contrario”. Un Europa senza l’Italia, nelle grandi incertezze degli equilibri geopolitici internazionali, sarebbe più forte o più debole? Non è quindi necessario minacciare. E’, invece, essenziale discutere. Consapevoli del fatto che i rischi di un suo possibile arretramento, pur con diversità di accenti, è avvertito da tutte le cancellerie del Continente.

Ma quali sono le possibili frecce a disposizione dell’Italia? Tria introduce nel suo ragionamento un argomento, finora, salvo poche eccezioni (le discussioni di cui si diceva all’inizio), poco sviluppato. “Abbiamo una posizione finanziaria netta sull’estero quasi in equilibrio” – dice il ministro – che può ulteriormente migliorare. “Vantiamo” inoltre “un avanzo significativo negli scambi con l’estero”. Grandezze che vanno spiegate nel loro significato di carattere sistemico. Negli ultimi mesi la posizione finanziaria con l’estero è peggiorata. Lo sottolineava lo stesso Federico Fubini, in un suo precedente articolo. Il saldo Target2 è peggiorato, di circa 40 miliardi, per l’eccessivo nervosismo dei mercati, che, tuttavia, può rientrare, dopo le turbolenze, che hanno accompagnato la formazione del nuovo governo.

L’attivo della bilancia commerciale è, invece, più strutturale. Dura dal 2012. Esso è il prodotto del languore della domanda interna (consumi ma soprattutto investimenti) e della coda velenosa di una deflazione che porta a un aumento della capacità produttiva inutilizzata, maggiore disoccupazione ed un tasso di inflazione più contenuto rispetto alle medie dell’Eurozona. Una differenza vistosa rispetto al resto dei nostri partner su cui si dovrà riflettere nelle sedi opportune, per individuare le necessarie risposte in termini di politica economica. Quei margini di capacità produttiva, attualmente inutilizzati, potranno servire per un rilancio della “politica dell’offerta”, quale pre-condizione per una politica pro growth che é l’unica assicurazione contro il declino dell’Italia.

Questo quindi lo schema logico-programmatico, all’interno del quale il ministro dell’Economia intende muoversi. Tutto il resto – le coperture finanziarie, le varie ipotesi proposte (legge Fornero, reddito di cittadinanza, flat tax e via dicendo) – sono elementi di dettaglio che avranno la loro importanza quando si tratterà di varare i relativi provvedimenti. Ma tutto dovrà svolgersi nel quadro appena descritto: all’insegna della prudenza e della responsabilità.

Sarà interessante vedere, domani, come reagiranno i mercati. Cartina al tornasole con cui misurare la credibilità complessiva dell’intero governo.

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