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Ecco i veri motivi delle gomitate fra Elliott e Vivendi per l’ex Telecom Italia

Notizie, commenti e scenari nell’approfondimento di Michele Arnese per Start Magazine sulla partita fra Vivendi ed Elliott su Tim Non conoscono soste le scaramucce non solo legali tra Vivendi ed Elliott su Tim. In vista dell’assemblea dei soci si susseguono azioni e reazioni, comunicati e controcomunicati, lettere e interviste tra i due contendenti. Stamattina, ad…

Non conoscono soste le scaramucce non solo legali tra Vivendi ed Elliott su Tim. In vista dell’assemblea dei soci si susseguono azioni e reazioni, comunicati e controcomunicati, lettere e interviste tra i due contendenti. Stamattina, ad esempio, Elliott di Paul Singer ha replicato a un comunicato di Vivendi dello scorso 17 aprile e stamattina l’ad di Tim, Amos Genish, ha rintuzzato le tesi del fondo americano su rete, Inwit e Brasile. Ecco tutti gli ultimi dettagli sulla diatriba.

(TUTTE LE ULTIME TELEFONATE BURRASCOSE TRA ELLIOTT E VIVENDI)

QUESTIONE DI PREZZO

Il titolo Telecom Italia ha perso il 35% del suo valore dall’arrivo dei francesi di Vivendi in cda, che risale a dicembre 2015. Lo scrive il fondo Elliott in risposta al comunicato di Vivendi dello scorso 17 aprile.

(COME SI SCHIERERANNO SGR E FONDI NELLA CONTESA FRA ELLIOTT E VIVENDI IN TIM)

FORZA PUBLIC COMPANY?

Non è l’unica risposta che è arrivata dal fondo americano che punta a scalzare Vivendi dal controllo di Tim prefigurando una sorta di public company apprezzata anche dal governo per bocca del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che elogiando l’intervento di Cassa depositi e prestiti nel capitale di Tim ha provocato i rimbrotti dei turbo-liberisti (qui e qui gli articoli di Start Magazine su questo aspetto).

(VI SPIEGO PERCHE’ ELLIOTT SPINGE PER UNA SOCIETA’ UNICA DELLE RETI. PARLA SAPELLI)

LE VERE DIVISIONI

Il fondo americano oggi ha replicato anche su un altro aspetto alle ultime sortite di Vivendi: “La vera ragione per cui il cda oggi è diviso – scrive Elliott in una nota in risposta a Vivendi – è a causa della cattiva amministrazione di Vivendi e del mancato rispetto delle migliori pratiche di governo societario. L’attuale board è tutt’altro che unito, e dimostra il recente voto 10-5 sul contenzioso con i revisori legali della società (i 10 amministratori che hanno votato a favore di questa risoluzione sono stati nominati ciascuno da Vivendi)”. “Elliott concorda che un board diviso è dannoso per la società e i suoi azionisti e questa rafforza la posizione di sostituire i 6 consiglieri nominati da Vivendi con nuovi consiglieri indipendenti”, continua il fondo Usa.

(TUTTE LE FIBRILLAZIONI FRA TURBO-LIBERISTI E IL GOVERNO SU CDP IN TIM)

CHE COSA DICE GENISH

Non solo, secondo il fondo americano che ha presentato candidature tutte italiane per il board dell’ex Telecom Italia (qui l’approfondimento di Start Magazine su uomini e obiettivi di Elliott), la Tim che ha disegnato Amos Genish non è quella che immagina Elliott e il manager boccia le sue proposte, non porteranno valore perché sono “un piano di break-up” con “una riduzione radicale del perimetro” del gruppo. Il fondo attivista americano con il 5,4% del capitale sostiene di voler cambiare la governance, spodestando l’azionista di controllo Vivendi dal cda, ma non le strategie industriali. Genish però prende le distanze e durante il roadshow ieri ha spiegato che il piano di Elliott “non è coerente con il piano strategico” che ha appena presentato e che sta implementando.

(PERCHE’ ELLIOTT SPINGE SU RETE E SPARKLE IN UNA SOCIETA’ UNICA CON OF E CDP)

L’INTERVISTA AL SOLE

L’ipotesi di una fusione tra la rete di Tim e di Open Fiber, vista non con gli occhi della politica ma con quelli del manager, dice oggi Genish al Sole 24 Ore, “dipende dal valore del business che oggi non è chiaro né per noi né per loro” sottolinea il manager voluto da Vivendi alla testa del gruppo. “C’è poi il tema Antitrust e Agcom, sarebbe da verificare quali rimedi verrebbero imposti”, aggiunge il manager e introduce il nodo della RAB (acronimo di “regulatory asset base”) una grandezza di riferimento primaria per la determinazione dei ricavi annui, e quindi del conto economico, di molteplici aziende operanti in settori regolati in regime di monopolio. In Italia viene usata per il gas e le reti elettriche e determina, in ultimo, la bolletta perché è previsto che le remunerazioni dovute alle aziende fornitrici dei servizi vengano ricavate da appositi contributi pagati dai consumatori.

(COME SI SCHIERERANNO SGR E FONDI NELLA CONTESA FRA ELLIOTT E VIVENDI IN TIM)

LA BARUFFA SUL MODELLO RAB

Poi il capo azienda di Tim si addentra su questioni più tecniche: “Molti invocano un modello RAB ma per adottarlo deve cambiare la regolamentazione. Comunque non è realistico il multiplo di 8,3 volte l’ebitda che cita Elliott, è esagerato perché la Netco non sarebbe una utility”, chiosa Genish. Sull’ingresso di Cdp nell’azionariato (qui l’approfondimento di Start Magazine con dettagli e polemiche sulla mossa di Costamagna) “ci sono molti aspetti da chiarire – considerato anche che la Cassa è azionista di Open Fiber – ma non tocca al management farlo bensì alla Cdp”, taglia corto l’amministratore delegato.

(CHI SPINGE E CHI NON PER UN MODELLA TERNA PER LA RETE DELL’EX TELECOM ITALIA)

DOSSiER INWIT E SPARKLE

Genish contesta anche altri piani di Elliott: sl deconsolidamento della rete, la riduzione della quota di Inwit fino al suo azzeramento, oltre alla possibile fusione di Tim Brasil con un operatore locale (ipotesi peraltro analizzate ma non inserite nel piano perché “premature o non realizzabili”) “non rappresentano una strategia sostenibile per Tim nel lungo periodo, non è il modo migliore di creare valore”. Sulla rete, Genish ribadisce che la “separazione legale con controllo del 100%, è l’operazione più opportuna nell’attuale contesto e quadro normativo”, tutto il resto si può valutare ma viene dopo. Mentre su Sparkle c’è una chiara apertura alle posizioni di Elliott: “L’unico asset che potremmo cedere – ha detto al Sole 24 Ore – è Sparkle”. Ma Genish aggiunge un “ma”: “Poi bisogna vedere, perché ci sono i vincoli del golden power. Tutto il resto per il nostro business è strategico”. I piani del fondo americano, invece, condivisi dall’esecutivo e secondo le ricostruzioni anche da Lega e Movimento 5 Stelle, prevedono a medio termine una società unica delle reti con l’asset di Tim e Open Fiber, compresa anche la presenza di Telecom Italia Sparkle, che detiene i cavi sottomarini per le comunicazioni internazionali.

(PERCHE’ ELLIOTT SPINGE SU RETE E SPARKLE IN UNA SOCIETA’ UNICA CON OF E CDP)

TUTTI I GIUDIZI DEL MANAGEMENT DI TIM

Il management di Tim si dissocia dai piani di Elliott anche per il Brasile, dove il fondo ha aperto la porta a una possibile fusione con altri operatori, e frena rispetto alla riduzione della quota in Inwit, fino al suo azzeramento, proposta dagli americani. In Brasile, si legge nella presentazione del management, “una combinazione con un operatore locale come Oi”, oggetto di maggiori speculazioni, “potrebbe portare ad una pressione finanziaria ulteriore nel breve termine per Tim, dato il profilo finanziario di Oi e, di conseguenza, metterebbe a rischio il successo del piano strategico, poiché cambierebbe drasticamente il profilo di generazione di cassa del business di TimBrazil, oltre ad incrementarne il profilo di rischio”. Quanto a Inwit il management sottolinea che “ha un’importante rilevanza strategica per Tim, in particolare alla luce dello sviluppo del 5G e della conseguente crescita nell’utilizzo delle torri”. Per questa ragione “un’ulteriore monetizzazione” della quota “dovrà essere valutata in relazione ai benefici strategici e finanziari, ed eventualmente realizzata alle giuste condizioni”.

(VI SPIEGO PERCHE’ ELLIOTT SPINGE PER UNA SOCIETA’ UNICA DELLE RETI. PARLA SAPELLI)

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