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Che cosa deve fare Elliott in Tim dopo aver battuto Vivendi. Parla Lombardi (Asati)

Rete di Tim in Borsa in stile Inwit. Bene Conti presidente. Ok conferma di Genish come capo azienda. Avanti tutta verso la public company. Ecco attese e auspici di Asati, l’associazione dei piccoli azionisti di Tim, dopo l’assemblea dell’ex Telecom Italia che ha decretato la vittoria del fondo americano Elliott e la sconfitta dei francesi…

Rete di Tim in Borsa in stile Inwit. Bene Conti presidente. Ok conferma di Genish come capo azienda. Avanti tutta verso la public company. Ecco attese e auspici di Asati, l’associazione dei piccoli azionisti di Tim, dopo l’assemblea dell’ex Telecom Italia che ha decretato la vittoria del fondo americano Elliott e la sconfitta dei francesi di Vivendi (qui l’approfondimento di Start Magazine).

Franco Lombardi, presidente di Asati, in questa conversazione spiega perché l’associazione ha appoggiato Elliott, approfondisce le critiche alla gestione di Vivendi e sulle reti dice: “Avere due reti per gestire le comunicazione di Nuova Generazione è un assurdo logico nell’interesse del Paese”.

Perché avete votato la lista Elliott?

Il bilancio finale della gestione di Vivendi è stato purtroppo “non positivo”. Il cambiamento che ci attendiamo con l’ingresso del fondo Elliott è di due tipi: dal lato dell’impostazione strategica e della gestione, la società deve tornare ad un percorso di crescita che riporti Tim ad essere leader di innovazione e di qualità del servizio; dal punto di vista della governance, ci attendiamo che Elliott favorisca la realizzazione di una public company, secondo un modello da noi sostenuto da oltre 10 anni che sia garanzie a tutti gli azionisti e ai dipendenti circa il futuro di una azienda strategica per il Paese.

Che cosa vi aspettate ora dal fondo vittorioso? Solo questo?

Ci attendiamo che nei prossimi giorni venga nominato Conti come presidente e vorremo che gli fossero assegnate alcune deleghe a garanzia del percorso verso una buona governance della società, di un dialogo aperto e costruttivo con le istituzioni e del mantenimento di un focus strategico di lungo periodo votato alla creazione di valore per tutti gli azionisti.

E l’attuale amministratore delegato Genish?

Auspichiamo che l’attuale Ceo, Genish, possa continuare alla guida operativa della società, confermando le attese del mercato circa la sua indipendenza da Vivendi. Genish può e deve essere il Ceo di tutti gli azionisti, potrà contare sulla collaborazione dell’intera squadra manageriale e di tutti i dipendenti. Quello che è certo però è che non si può ripetere l’errore del recente passato di remunerare un manager indipendentemente dai risultati che crea. Vedremo i dati dei prossimi trimestri e l’andamento del titolo e poi si deciderà sui percorsi di lungo termine.

Perché avete bocciato Vivendi?

Nei suoi tre anni di gestione Vivendi ha cambiato tre amministratori delegati, tre presidenti, innumerevoli manager ed il valore del titolo ne ha solamente sofferto.

Tutto qui?

Come se non fosse sufficiente, l’atteggiamento di Vivendi è stato di totale ostilità alle più basilari forme di dialogo con gli stakeholders. Si pensi che sotto la gestione di Vivendi – che ha ammesso di avere “direzione e coordinamento su Tim” – la società ha avanzato una richiesta di un risarcimento contro Asati per un importo di 1 milione di euro solo per aver contrastato le scelte che venivano avvallate da Parigi.

Quali?

Stiamo parlando per esempio dello special award riconosciuto a Cattaneo e la cui infondatezza è oggi sotto gli occhi di tutti: Tim ha pagato circa 30 milioni di euro di buonuscita per 16 mesi di lavoro durante i quali il mercato ha dimostrato di non apprezzare i risultati prodotti. La nostra colpa è stata quella di aver mandato al Cda alcune email ricevute dai nostri associati, ovvero da dipendenti-azionisti che vivono l’azienda ogni giorno. Stiamo parlando di un’azione che, peraltro, avevamo sempre fatto in passato senza problemi.

Che cosa lamentavano i dipendenti?

La loro “colpa” era di contestare aspetti basici di una buona gestione, come la mancanza di un sondaggio del clima aziendale (negato per tre anni ai dipendenti), la decisione di allontanare numerosi dirigenti di comprovata esperienza per sostituirli con risorse esterne invece di ricorrere alla crescita di ottime risorse interne, spese di consulenza, cause inutili e parcelle milionarie per avvocati. Contestavano aspetti finanziari basici come la mancanza di dividendi agli azionisti ordinari, o più sofisticate come la mancata conversione delle azioni di risparmio in ordinarie. Contestavano l’atteggiamento di molti consiglieri presuntamente indipendenti e che si sono allineati sempre più agli interessi di un azionista che si comportava da “padre padrone”.
In realtà nessuno ha mai risposto alla più semplice delle domande: come mai il titolo azionario Tim aveva perso oltre il 35% del suo valore rispetto al valore di 1,1 € per azione di inizio 2016?

Adesso che cosa auspicate sulla rete? Una società unica anche con Open Fiber e partecipazione di Cdp? Anche Sparkle deve confluire in questa nuova società unica della rete?

A nostro giudizio la società della rete supportata da Elliott nel suo Piano strategico deve essere quotata al più presto, così come a suo tempo venne fatto per Inwit. Ancora una volta, la creazione di valore che si è realizzata è sotto gli occhi di tutti.
Valutiamo positivamente il fatto che nella fase iniziale Tim ne mantenga il controllo, con un inizio del 25% in borsa, e se sarà un collocamento positivo potremo considerare non un tabù il fatto che, successivamente, si possa ridurne la partecipazione fino al 51% , a controllo Tim. Tim oggi ha un livello di solidità finanziaria tra i peggiori in Europa, con un debito che è ancora superiore a 3 volte il margine operativo.

Unificare o no le reti?

Relativamente alla possibilità di unire le reti fisse di TIM ed Open Fiber, la nostra valutazione è che avere due reti per gestire le comunicazione di Nuova Generazione è un assurdo logico nell’interesse del Paese. Due reti sono solo uno spreco enorme di risorse economiche.

Ma Elliot su questo tema non ha fatto marcia indietro?

No, sulla rete siamo fiduciosi che si realizzi quello sopra descritto anzi ritengo che Elliott proponga al più presto un nuovo piano di azionariato per i dipendenti oggi presenti con solo circa lo 0.5% sul capitale molto basso rispetto a molte società europee del settore che hanno una partecipazione del 2-3%, e si riprenda il discorso da noi proposto diversi anni fa di un rappresentante dei piccoli azionisti nel cda.

Quindi Conti sarà presidente e Genish ad?

Sì. Conti è un manager di ampia esperienza e di ottima reputazione e su Amos Genish ci siamo espressi molto chiaramente. I risultati saranno il termometro della bontà della sua gestione.

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