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Investimenti

E’ un bene o un male se i tassi di interesse aumentano?

L’analisi dell’economista Fedele De Novellis, responsabile di Congiuntura Ref, su cause ed effetti dell’aumento dei tassi L’interpretazione della decelerazione osservata nel corso della prima parte dell’anno, e la relativa moderazione dei tassi di crescita dei mesi successivi, è riconducibile a fattori di natura internazionale. Difatti, come abbiamo visto, una decelerazione è in corso anche nelle…

L’interpretazione della decelerazione osservata nel corso della prima parte dell’anno, e la relativa moderazione dei tassi di crescita dei mesi successivi, è riconducibile a fattori di natura internazionale.

Difatti, come abbiamo visto, una decelerazione è in corso anche nelle altre economie dell’area euro. A queste tendenze si sovrappongono poi alcuni elementi specifici del quadro macroeconomico italiano.

In particolare, sono note le vicende che a fine maggio hanno portato prima alla stipula del cosiddetto “contratto” di Governo con l’annuncio di misure a forte impatto sul bilancio pubblico e alla enunciazione di posizioni antieuropeiste fra cui l’organizzazione del cosiddetto “piano B” in previsione di un’uscita dell’Italia dalla moneta unica.

Questo tipo di posizioni ha portato i mercati a una diversa valutazione del rischio paese, con una correzione della borsa italiana e un aumento repentino dello spread sui rendimenti dei titoli di Stato.

La prima fase dell’azione di Governo ha evidentemente sortito effetti sfavorevoli. I rischi non sono trascurabili: l’irrigidimento delle condizioni finanziarie interne può difatti provocare in tempi rapidi effetti negativi sulla domanda interna. Il canale principale è relativo alle perdite sopportate dalle banche italiane che detengono tali titoli, da cui può seguire una minore disponibilità di credito al settore privato.

Non a caso il ministro dell’Economia è intervenuto la scorsa settimana, attraverso una intervista al Corriere della Sera, prendendo le distanze dalle linee di politica economica del “contratto”; significativo anche il fatto che nell’elenco dei sottosegretari non siano comparsi gli esponenti delle posizioni anti-euro.

D’atra parte, questi segnali non sembrano avere rasserenato molto i mercati, come si osserva sulla base della modesta riduzione dello spread. E’ probabile che una relativa cautela degli investitori prevarrà almeno sino all’autunno quando, con la Legge di Stabilità, sarà più chiaro il quadro delle misure che il nuovo Governo intende adottare effettivamente. Questo punto è rilevante, perché vuol dire che sull’andamento dell’economia nei prossimi mesi peserà il peggioramento delle condizioni finanziarie innescatosi a partire da fine maggio.

Un aspetto che non sempre emerge con chiarezza nel dibattito italiano è che gli effetti sulla domanda che derivano da variazioni dei tassi d’interesse sono molto diversi a seconda delle caratteristiche della risalita dei tassi. Ad esempio, un aumento dei tassi che riflette attese di maggiore crescita dell’economia corrisponde in genere a un orientamento positivo delle aspettative dei mercati e a condizioni creditizie favorevoli; una situazione molto peggiore si verifica invece quando i tassi aumentano per effetto del deterioramento della percezione del grado di rischio degli investimenti.

Quando vale questa seconda situazione, gli effetti sulle variabili reali possono anche rivelarsi rilevanti. Da questo punto di vista lo spread, in quanto espressione della probabilità di default del paese, andrebbe considerato alla stregua di un bene pubblico: quando aumenta stiamo peggio tutti. Anche di ciò dovrebbe preoccuparsi un Governo.

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