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Saipem, Terna, Snam e Italgas. Che cosa sta studiando la Cdp di Tononi e Palermo

Fatti, indiscrezioni e scenari

Entra nel vivo il piano per il riassetto e la riorganizzazione delle partecipazioni della Cassa depositi e prestiti.

Secondo la ricostruzione di Start Magazine, in casa della holding controllata dal Tesoro e partecipata dalle fondazioni bancarie si sono messe nero su bianco le prime ipotesi.

Non è sul tavolo – come si era vociferato nelle scorse settimane – un ruolo da “cappello” per Fintecna, la finanziaria controllata da Cdp che ha in pancia la quota di controllo di Fincantieri. Piuttosto Fincantieri, insieme con altre quote strategiche detenute da Cdp in Terna, Snam, Italgas e Saipem confluirebbero in una società ex novo che supererebbe l’attuale articolazione di Cdp che vede le quote sparse tra Cdp, Cdp Reti e Cdp Equity in particolare.

L’idea sulla quale la Cassa presieduta da Massimo Tononi e guidata dall’amministratore delegato, Fabrizio Palermo, stanno lavorando è la costituzione di una sorta di sub holding industriale controllata al 100% dalla Cassa depositi e prestiti in cui far confluire le quote di Terna, Snam, Italgas e Saipem e Ansaldo Energia.

L’obiettivo, come indicato nel piano industriale triennale, è quello di superare un portafoglio di partecipazioni che è “frammentato”, secondo Palermo e Tononi.

Della questione, come ha rivelato oggi Rosario Dimito del quotidiano il Messaggero, i vertici di Cdp ne hanno parlato con esponenti delle fondazioni bancarie, che hanno il 15,93% della Cassa (il ministero dell’Economia ne possiede l’82,77%).

Secondo le indiscrezioni, al momento dal piano di riassetto non sarebbero interessate le quote che Cdp ha in Eni e Poste Italiane (che ora sono nel portafoglio della capogruppo).

Nel piano industriale si prevede la riorganizzazione del portafoglio di gruppo “sulla base di una logica industriale e per settore di attività, per sostenerne i percorsi di sviluppo in una prospettiva di lungo termine”.

Nel documento che è discusso in questi giorni ai piani alti della Cassa si scorge l’idea di mettere mano al profluvio di partecipazioni, non solo di minoranza, in aziende in cui la Cassa negli ultimi anni è entrata, senza un vero piano preordinato. Oltretutto con operazioni piuttosto controverse, come nel caso Saipem dagli esiti ancora incerti, che hanno prodotto anche perdite di valore (come nel caso anche della quota di circa il 5% in Tim pari al momento a oltre 200 milioni di euro, per non parlare del tonfo della partecipata Trevi tramite Fsi Investimenti).

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