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Intesa Sanpaolo, ecco cosa succederà ai bond Popolare di Vicenza e Veneto Banca

Che novità ci sono sui bond di Popolare di Vicenza e Veneto Banca che erano stati acquistati da Intesa Sanpaolo? Le novità sono state comunicate sabato scorso dalla banca guidata dall’ad, Carlo Messina. Ecco tutti i dettagli, gli effetti e la storia delle emissioni con la garanzia di Stato. IL COMUNICATO DI INTESA Intesa Sanpaolo, “avendo…

Che novità ci sono sui bond di Popolare di Vicenza e Veneto Banca che erano stati acquistati da Intesa Sanpaolo? Le novità sono state comunicate sabato scorso dalla banca guidata dall’ad, Carlo Messina. Ecco tutti i dettagli, gli effetti e la storia delle emissioni con la garanzia di Stato.

IL COMUNICATO DI INTESA

Intesa Sanpaolo, “avendo completato le possibili operazioni di riacquisto dei titoli obbligazionari emessi da Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca e assistiti da garanzia dello Stato (sia collocati sul mercato sia utilizzati dalle due banche come collaterale in finanziamenti pronti contro termine), può procedere all’annullamento di tali titoli in suo possesso”, ha messo per iscritto l’istituto di credito. Per questo Intesa Sanpaolo ha inviato al Ministero dell’Economia e delle Finanze comunicazione di rinuncia alla relativa garanzia dello Stato.

LA RINUNCIA ALLA GARANZIA

La rinuncia alla garanzia sarà valida solo ed esclusivamente per i titoli detenuti dalla banca (pari a circa 9,3 miliardi di euro), “mentre non produrrà effetti per i titoli rimasti in circolazione (pari a circa 0,8 miliardi di euro), ancora detenuti da altri obbligazionisti perché non portati in adesione alle predette operazioni di riacquisto”, ha scritto la banca capitanata da Messina. La rinuncia estingue il rischio di un potenziale onere di circa 9,3 miliardi di euro per lo Stato.

GLI EFFETTI

L’annuncio dato da Intesa Sanpaolo si riferisce all’annullamento di sei obbligazioni, ha sottolineato il Sole 24 Ore: due emissioni della Banca Popolare di Vicenza, per un importo complessivo di 5,2 miliardi (di cui 4,8 miliardi detenuti da Intesa Sanpaolo), emesse il 3 febbraio e il 1 giugno 2017; quattro emissioni di Veneto Banca, per un importo di 4,9 miliardi (di cui 4,5 miliardi detenuti da Intesa Sanpaolo), due delle quali emesse il 2 febbraio e altre due emesse il 31 maggio 2017.

COSA AVEVA DETTO MESSINA

Poco meno di un anno fa, quando arrivò l’offerta di Intesa Sanpaolo per l’acquisto (per il valore di 1 euro) delle due ex popolari venete, l’ad del gruppo bancario Carlo Messina, parlando alla stampa, fu profetico: «Senza il nostro intervento, lo Stato ci avrebbe rimesso 10 miliardi». «In questi ultimi mesi – disse il manager in una intervista rilasciata alla fine di giugno 2017 a La Repubblica – le due banche venete hanno avuto bisogno di interventi sostanziosi a sostegno della loro liquidità: si tratta di 10 miliardi di titoli emessi dalle banche, collocati presso investitori istituzionali e garantiti integralmente dallo Stato. Ecco, se oggi quelle banche fossero fallite i 10 miliardi di garanzie pubbliche sarebbero andati a coprire le perdite di chi aveva i titoli. E si sarebbe trattato di 10 miliardi di soldi pubblici in fumo».

LA STORIA DEI BOND

All’inizio del 2017, quando Popolare di Vicenza e Veneto Banca (all’epoca controllate dal fondo Atlante) erano a corto di liquidità e impossibilitate a finanziarsi a costi ragionevoli a causa della notoria situazione di sostanziale insolvenza. Grazie al decreto del 23 dicembre 2016 – quello con il quale l’appena insediato governo Gentiloni stanziò fino a 20 miliardi di euro per tappare i buchi della crisi bancaria – i due istituti veneti (come del resto Mps) poterono emettere obbligazioni a tasso fisso garantite dallo Stato, facendo venir meno il rischio emittente e riuscendo così a rastrellare tra gli investitori istituzionali la liquidità necessaria a costi più sostenibili, ha ricordato sabato scorso il Fatto Quotidiano.
A fine giugno, quando il governo dovette alzare bandiera bianca sull’impossibile ricapitalizzazione preventiva delle due banche venete e decise di offrire una montagna di soldi pubblici a Intesa Sanpaolo affinché si facesse carico della parte “buona” e dei dipendenti dei due istituti, le obbligazioni garantite dallo Stato passarono a tutti gli effetti a Intesa Sanpaolo con l’obbligo di farsi carico dei pagamenti cedolari e del futuro rimborso dei bond.

I BOND E LA GARANZIA

Lo scorso dicembre il gruppo bancario, per razionalizzare il debito, ha deciso di lanciare un’operazione di riacquisto di queste emissioni – ha ricostruito il Fatto – con l’obiettivo di annullarle, anche perché onerose: al di là della struttura dei titoli, delle scadenze piuttosto ravvicinate e delle cedole, la garanzia di Stato – che copre sia il capitale sia gli interessi – ha un costo, e anche piuttosto elevato, proprio per evitare che queste operazioni si configurino come un vero e proprio aiuto di Stato, peraltro fornito a istituti sull’orlo della bancarotta. Dunque – ha concluso il Fatto – “a dicembre Intesa Sanpaolo ha deciso il riacquisto dei titoli attraverso un’operazione di “liability management”, e il 6 aprile ha comunicato di averla portata a termine con successo, procedendo all’annullamento delle obbligazioni in suo possesso per un controvalore di 9,3 miliardi euro (0,8 miliardi di obbligazioni restano ancora in circolazione) e comunicando al Tesoro la rinuncia alla garanzia per pari importo onde evitare di dover pagare i relativi costi”.

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