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Perché Germania e Olanda vogliono per l’Italia il guinzaglio del Mes

I maggiori Paesi europei, in primis la Germania, non accettano una surrettizia mutualizzazione del debito e quindi del rischio, via Bce, e vogliono essere sicuri che il guinzaglio del Mes sia pronto all’uso. L'analisi di Giuseppe Liturri

L’Italia è in semi quarantena dal 11 marzo. C’è stato l’Eurogruppo del 24 marzo, il Consiglio Europeo del 26 marzo, l’Eurogruppo del 7-9 aprile, ed ora attendiamo il Consiglio del 23 aprile. C’è stato un Decreto Legge il 17 marzo che stanziava 25 miliardi. Ce n’è stato un altro l’8 aprile la cui “poderosa potenza di fuoco” dei 400 miliardi somiglia a quella che il Corriere della Sera attribuì alle truppe tedesche il giorno dello sbarco alleato in Normandia. Peccato che quel giorno gli alleati avessero già piazzato 160.000 uomini sul suolo francese. Allo stesso modo, abbiamo appreso che il decreto di aprile stanzia la miseria di 1 miliardo e che i soldi veri arriveranno solo quando il governo farà votare dal Parlamento la relazione che lo autorizza allo scostamento di bilancio. Ma fino al 23 aprile si sbloccherà qualcosa?

Ieri abbiamo avuto la “confessio regina probationis” direttamente dal viceministro all’Economia Laura Castelli nel corso di una diretta con il sindaco di Torino Chiara Appendino: ”Il decreto aprile sarà emanato dopo il 20, perché in tutta questa partita si infila anche tutto il dibattito europeo”.

Evviva la chiarezza. Il nostro governo ha paura di aprire i cordoni della borsa senza l’avallo di un accordo a livello europeo, ed appare essersi infilato in un vicolo cieco.

Si sta giocando tutto nell’improbabile battaglia degli eurobond, che non avrà mai. E rischia di avere ciò che è politicamente tossico per la tenuta della maggioranza politica: il MES. Che su questo tema si mostra già divisa tra la linea del M5S attestata su “non attiveremo mai il MES” e la linea del PD sostenitore del meno categorico “MES è strumento non adeguato”. Da cui si deduce che, al bisogno, il PD sarebbe disposto ad utilizzarlo.

Il MES è a, tutti gli effetti, nella cassetta degli attrezzi predisposta dall’Eurogruppo per le decisioni del Consiglio del 23 aprile. Per le spese sanitarie connesse alla crisi da COVID 19, esso è operativo con condizioni di accesso alleggerite – al Paese richiedente dovrebbe essere risparmiata l’analisi di sostenibilità del debito con l’intervento del FMI – ed il quadro di sorveglianza macroeconomica resta sospeso solo fino al termine della crisi. Per tutto il resto, il Trattato del MES è pienamente vigente. La novità rispetto all’Eurogruppo del 24 marzo è che non è più previsto il suo uso come strumento per il rilancio economico.

Con riferimento all’Italia, l’eventuale ricorso al MES, ma non certo per qualche spicciolo di spese sanitarie, dipende dalla BCE. Fino a quando compra titoli pubblici e, soprattutto, annuncia la mera disponibilità a farlo, disincentivando la speculazione, il rendimento dei BTP resta sostenibile e lo spread contenuto. Ma questa linea mostra sinistri scricchiolii. Gli economisti Olivier Blanchard e Jean Pisani-Ferry, hanno scritto venerdì su VoxEU.org che l’acquisto di titoli da parte della BCE non determina rischi di inflazione e quindi può proseguire senza problemi; la BCE sta facendo la cosa giusta.

L’aspetto interessante è che, così facendo, la BCE attua una surrettizia mutualizzazione del rischio per il debito acquistato, esattamente ciò che Conte e Gualtieri invocano da settimane. Però, aggiungono, questo deve avvenire in modo trasparente attraverso espliciti strumenti di bilancio e non sfruttando l’azione della BCE che ha solo l’obiettivo di impedire, con i suoi acquisti, una nuova crisi del debito sovrano come quella del 2012. Fino a quando tali acquisti potranno essere politicamente sostenibili? Era la domanda finale di un recente editoriale del Financial Times. Sullo stesso giornale, un altro articolo delineava un drammatico scenario per il nostro Paese: l’entità della crisi, ben superiore a quella del 2009, determinerebbe un calo del PIL ed aumento del debito tali da far salire il debito/PIL al 158% nel 2020 ed al 167% nel 2022. A quel punto non sarebbe da escludere un declassamento a junk (spazzatura) del nostro rating, con conseguenze inimmaginabili.

Di fronte a queste prospettive, la volontà di acquisti “senza limiti” di Christine Lagarde è decisiva, ma non appare granitica. Le minute della riunione del 18 marzo hanno rivelato che alcuni Paesi hanno proposto, in alternativa al programma straordinario PEPP, l’uso degli acquisti illimitati di titoli (OMT), strumento ideato da Mario Draghi nel 2012 e mai utilizzato. L’arma di ultima istanza per impedire la deflagrazione dell’eurozona.

E qui rientra in ballo il MES. Condizione necessaria ma non sufficiente (la BCE ha l’ultima parola) affinché uno Stato possa beneficiare di quegli acquisti davvero illimitati della BCE, è l’ammissione al finanziamento del MES in piena regola.

Ma non basta. IL MES potrebbe essere d’attualità perché, in un paper della Commissione del 2011, si spiega che gli Eurobond, a Trattati vigenti, richiederebbero la modifica dell’articolo 125 TFUE che impedisce la condivisione di impegni finanziari tra Stati. Non a caso il punto 19 del comunicato dell’Eurogruppo recita “coerente con i Trattati”. L’unica cosa fattibile è emetterli attraverso un veicolo come il MES, dove il rischio è definito dalla quota di partecipazione al capitale. In altre parole, solo specifici veicoli come il MES che limitano la condivisione del rischio tramite la quota di partecipazione al capitale, possono superare i vincoli dell’art. 125 TFUE che impedisce il finanziamento tra Stati.

Il disegno appare chiaro ed ha una sua logica. I nostri partner europei non accettano una surrettizia mutualizzazione del debito e quindi del rischio, via BCE, e vogliono essere sicuri che il guinzaglio del MES sia pronto all’uso.

Ecco le rocce acuminate su cui rischia di infrangersi il sogno di Conte. Il Presidente ha ragione: non applicheremo mai il MES “light”, perché, se la BCE non comprasse, rischieremmo di applicare quello in piena regola. Se la BCE comprasse potremmo comunque essere costretti ad usarne uno nuovo (con relativi tempi biblici) e molto simile a quello del 2012, anche solo per avere gli Eurobond.

Allora, se proprio si deve combattere una battaglia, si combatta quella per la BCE vero compratore di BTP senza condizioni.

(versione integrata e aggiornata dell’articolo di Liturri pubblicato ieri su La Verità)

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