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Bassanini

Open Fiber, che cosa dice Bassanini di Tim, Vodafone, Fastweb e Tiscali

Passato, presente e futuro di rete e banda larga secondo il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, che ha partecipato al convegno “Italia a tutta fibra: scenari e prospettive dello stato della banda larga in Italia e nel mondo” Il presidente di Open Fiber Franco Bassanini ieri ha lanciato un messaggio molto chiaro al mondo…

Il presidente di Open Fiber Franco Bassanini ieri ha lanciato un messaggio molto chiaro al mondo della politica e all’incumbent telefonico italiano: la banda ultralarga si fa con reti in fibra al cento per cento, non col rame, e, qualunque forma prenderà il prossimo governo, il progetto per connettere tutta l’Italia alle reti di comunicazione del futuro deve andare avanti.

Intervenendo a Roma alla tavola rotonda di chiusura del convegno “Italia a tutta fibra: scenari e prospettive dello stato della banda larga in Italia e nel mondo”, organizzato dall’agenzia di stampa Askanews e da Open Fiber con la collaborazione di Acea e Sirti, Bassanini ha detto che l’azienda infrastrutturale wholesale-only controllata da Cassa depositi e prestiti e da Enel “non cambia indirizzo strategico e prosegue nella sua missione: realizzare il più rapidamente possibile l’infrastruttura in fibra ottica, che rappresenta l’infrastruttura dell’immediato futuro sia per le telecomunicazioni fisse che per quelle mobili 5G”. E se le parti politiche in campagna elettorale hanno “dimenticato” di discutere di banda ultralarga, il presidente di Open Fiber pensa che non se ne sia parlato “perché sui temi infrastruttura e fibra si registra un notevole consenso”.

Insomma, non c’è niente da discutere, il piano italiano per la fibra ottica a banda ultralarga (BUL) va avanti. Messaggio con mittente chiaro anche sul tema delle reti ultraveloci: l’Italia che entra nell’era di Industria 4.0, Internet of Things, cloud, auto connesse e PA efficiente non può fondarsi su reti miste rame-fibra, ma solo su reti cento per cento in fibra. “Non ci sono vie di mezzo”, ha detto Bassanini: Lla fibra è quella che arriva fino a casa” (Fiber to the home); quella che si ferma all’armadio (Fiber to the cabinet) e “usa il doppino di rame per entrare nelle abitazioni e negli uffici è un’altra cosa. La differenza è radicale”. Mentre le reti miste corrono al passo dei Megabit, quelle al cento per cento in fibra volano a ritmi di Gigabit: “L’infrastruttura abilitante della Gigabit society è solo la fibra ottica che garantisce sempre velocità uguali in download e upload, affidabilità, stabilità, resilienza della rete, bassa latenza e basso tasso di errore”, ha detto Bassanini.

Rame contro fibra

Il presidente di Open Fiber riconosce che le aziende telecom, soprattutto gli incumbent, si trovano di fronte a una terribile difficoltà: il loro modello di business non è più valido. “Gli investimenti nella fibra che arriva fino dentro casa richiedono somme importanti e impegni di lungo termine, non basta reinvestire i profitti dei servizi Tlc con uno sguardo sul breve periodo”, ha osservato Bassanini. “L’incumbent italiano, come quelli di tutti i paesi, ha una legacy che lo appesantisce e i conti non tornano solo con la logica del profitto”. Il nodo è la rete in rame di Telecom Italia e di tutte le telco ex monopoliste, un asset fondamentale, in cui gli incumbent hanno investito, ma che perde valore con la diffusione della fibra e si trasforma in una zavorra. Gli incumbent “chiedono tempo” per far quadrare i conti e soddisfare azionisti che spesso “non sono di lungo termine”, ma intanto l’innovazione corre. “Questo modello non va bene per un grande investimento infrastrutturale”, ha detto Bassanini. “Senza Open Fiber e i fondi pubblici non si può arrivare in Italia a una rete con prestazioni elevate”. Il progetto del governo italiano, che mette in campo fondi pubblici in linea con gli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea e della Strategia Italiana per la banda ultra larga, “guarda al futuro e ha richiesto player come Open Fiber con azionisti di lungo termine come Cdp e Enel”.

I ricorsi che hanno rallentato la fibra

Bassanini ribadisce dunque la validità del modello di investimento scelto dal governo italiano, con fondi pubblici per la copertura delle aree non profittevoli dove i privati non hanno stimolo a investire. Tuttavia il piano BUL è “di fatto è appena partito”, non solo a causa dei tempi di approvazione della Commissione Ue e dell’elaborazione dei bandi di gara, “ma per i tanti ricorsi al Tar” contro i bandi Infratel per la realizzazione della rete a banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato. Una stoccata anche qui contro Tim e Fastweb (insieme impegnate nella realizzazione di una rete in fibra nell’ambito del progetto Flash Fiber).

Anche nelle aree non a fallimento di mercato, ovvero le città, dove non è previsto l’intervento pubblico, Bassanini ribadisce che gli investimenti dei privati nella tecnologia Fiber to the cabinet non può garantire la vera ultrabanda larga, che è quella della Fiber to the home: per questo “Open Fiber con Cdp è di nuovo entrata in campo facendosi carico di un obiettivo di politica industriale del paese, ovvero dotare di un’infrastruttura di nuova generazione e di capacità competitiva 271 città, grandi e medie, in sinergia con le società delle reti”. Queste città si aggiungono ai circa 7.000 comuni che avranno la rete pubblica (bandi Infratel) e i lavori sono già avviati in 65 città. Si arriverà così a coprire (tra città e zone in fallimento di mercato) un totale di 19 milioni unità immobiliari, ma “restano fuori circa 6-7 milioni unità, tra cui molte imprese, per le quali ancora non c’è certezza di collegamento in fibra fino all’edificio”. Sono le cosiddette aree grigie dove il governo sta studiando una forma di incentivo “con procedura di autorizzazione Ue in corso”, ha riferito Bassanini. Intanto Open Fiber va avanti (qui il piano industriale) con accordi con i service provider, tra cui Vodafone e Tiscali; Bassanini garantische che “siamo aperti anche a un accordo con Telecom Italia se vuole usare la nostra fibra”.

Una o due reti?

Ora si pone il grande tema della competizione infrastrutturale. Mentre Telecom Italia va avanti con i suoi investimenti in fibra ci si ritrova con due concorrenti e due reti. Si è ipotizzato di una pace tra i due operatori Tim e Open Fiber, addirittura di una fusione delle reti, ma più volte è arrivata la smentita. Il tema infrastrutturale è entrato anche nella contesa fra Vivendi ed Elliott che si sfidano su Telecom. Bassanini ha chiarito che spetterà “al mercato o al governo” decidere se avere una rete doppia o una rete unica per la fibra ottica, “ma noi di Open Fiber ce la giochiamo con buone possibilità di vincere”, sia per la qualità del servizio offerto sia per il modello di business basato su azionisti “pazienti” che pensano sul lungo termine. Resta fermo che “nel prossimo decennio avere un’infrastruttura in fibra ottica capillare su tutta l’Italia è la condizione necessaria per essere nel gruppo dei paesi avanguardia; altrimenti”, è il monito di Bassanini, “siamo condannati al declino”.

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