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Vi racconto l’Opa dei 5 Stelle sulla Cgil di Camusso e Landini

L’analisi di Giuliano Cazzola La reazione della Cgil all’esito del voto del 4 marzo, ancorché imbarazzata, è significativa: la soddisfazione (“noi l’avevamo detto!”) viene dissimulata da un atteggiamento di preoccupazione (per talune dichiarazioni trucide contro il sindacato e i suoi “privilegi” a suo tempo sbandierate dai “grillini” quando ancora non avevano indossato il doppiopetto). Nessuno…

L’analisi di Giuliano Cazzola

La reazione della Cgil all’esito del voto del 4 marzo, ancorché imbarazzata, è significativa: la soddisfazione (“noi l’avevamo detto!”) viene dissimulata da un atteggiamento di preoccupazione (per talune dichiarazioni trucide contro il sindacato e i suoi “privilegi” a suo tempo sbandierate dai “grillini” quando ancora non avevano indossato il doppiopetto). Nessuno dei dirigenti sindacali, però, si azzarda a pronunciare il “jamais’’ di Matteo Renzi nei confronti di una possibile interlocuzione con i vincitori delle elezioni. Del resto, è vero che vi sia un’ampia convergenza programmatica, che va ben oltre gli aspetti ricordati dal segretario della Puglia. Basti notare, da ultimo, il significativo “giro di valzer” tra il nuovo presidente della Camera, Roberto Fico, e la segretaria Susanna Camusso.

Quest’ultima ha chiesto alla terza carica dello Stato di portare all’esame dell’Assemblea di Montecitorio il disegno di legge di iniziativa popolare (presentato dalla stessa Cgil con il corredo di milioni di firme) pomposamente definito “Carta dei diritti universali del lavoro”. Un testo che nessuno aveva fino ad ora preso sul serio, perché dalla sua approvazione deriverebbe una condizione di protezione giuridica e sociale dei lavoratori che non si è mai vista al mondo; salvo che non vi sarebbero più aziende e posti di lavoro in cui potere esercitare quei diritti, perché nessun imprenditore potrebbe svolgere la propria attività dovendo gestire il personale secondo quelle regole. Fico non si è fatto sfuggire l’occasione: “Accolgo volentieri – ha risposto a stretto giro di posta – la sua proposta di incontrarci per parlare della Carta dei Diritti Universali del lavoro, ovvero della legge di iniziativa popolare che ha raccolto oltre un milione di firme. Percorsi e momenti di confronto come questi si inseriscono pienamente nella concezione del Parlamento come luogo aperto alla cittadinanza, in cui gli istituti di democrazia diretta previsti dalla Costituzione ricevono la massima attenzione e diventano materia viva. Le proposte di legge di iniziativa popolare, in particolare, rappresentano uno strumento straordinario per far crescere insieme cittadini e istituzioni. A mio avviso – ha concluso – sono stati sottovalutati da queste Camere per troppo tempo, ma è arrivato il momento di cambiare. Per questo le ribadisco la mia disponibilità all’incontro, con l’auspicio di poterlo organizzare quanto prima”. Il M5S non può pensare di mantenere un terzo dell’elettorato solo con la piattaforma Rousseau e la democrazia diretta attraverso la rete. Le formazioni intermedie, le strutture associative, grazie all’agibilità politica di cui godono, possono drenare, consolidare e prolungare il potere, sempre volatile e liquido (come si dice adesso), conquistato attraverso il voto. Ecco perché dobbiamo aspettarci una Opa grillina non solo sull’elettorato rimasto nel perimetro dem, ma sulla stessa Cgil, con un’azione a tenaglia: dal basso attraverso la conquista degli organismi di base e dall’alto, arruolando qualche autorevole dirigente in cerca di un “nuovo modo” per essere di sinistra. Certo, è più difficile che sia la Lega (che tentò in modo fallimentare di farsi un proprio sindacato “padano”, il Sinpa) a farsi largo nel mondo sindacale. Nei confronti del partito di Matteo Salvini vi sono maggiori pregiudizi, specie in tema di immigrazione. Almeno fino a quando non si accorgeranno tutti che la mitica classe operaia condivide di più lo slogan “fuori i negri” che non i ragionamenti sull’accoglienza e l’integrazione dei “diversi’”.

 

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