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Mps, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm, Ubi. Chi sta peggio con il maxi spread? L’analisi del Sole 24 Ore

Ecco chi e quanto fra le maggiori banche italiane come Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Banco Bpm, Ubi e non solo deve temere di più con uno spread a 400. Numeri, commenti, confronti e stime

Quanto soffrirebbero davvero le banche se lo spread BTp-Bund arrivasse a 400 punti? A questa domanda ha cercato di rispondere oggi il quotidiano Il Sole 24 Ore, che ha incrociato i calcoli di vari analisti (quelli di Credit Suisse, Deutsche Bank e Fidentiis) e si è confrontato con molti esperti, si legge sul quotidiano ora diretto da Fabio Tamburini.

La conclusione dell’inchiesta del Sole? “Da un lato anche a 400 punti base le maggiori banche italiane sono in grado di stare in piedi (solo Mps già soffre a 300). Dunque nessun allarme imminente. Almeno a livello di grandi istituti”.

Mediamente ogni 100 punti base di aumento dello spread va a ridurre il capitale di buona qualità delle banche italiane (Cet1) di 35 punti base: “Nel solo primo semestre 2018 le prime sei hanno messo in conto un impatto di 3,13 miliardi di euro sul loro Cet1 proprio a causa del deterioramento dei BTp. Calcola Credit Suisse che ogni 100 punti di spread equivalgano a 2,84 miliardi di capitale Cet1 bruciato. Lo spread fa dunque molto male. Molto. Il punto è però capire se questa erosione delle “fondamenta” sia tale da compromettere la tenuta delle banche stesse”, si chiede il Sole.

LA VIGILANZA BCE

La domanda delle domande è la seguente, dunque: lo spread a 400 è in grado di ridurre il loro capitale sotto le soglie minime indicate dalla Bce per ogni istituto? Le banche hanno due soglie minime: la prima (cosiddetta phase-in) è stimata in base alla legislazione attualmente vigente, la seconda (cosiddetta fully loaded) è calcolata come se la legislazione che entrerà in vigore nei prossimi anni fosse già oggi operativa. “La Vigilanza Bce guarda la prima soglia, non la seconda (che è più elevata). E questo è il punto importante: perché la prima non verrebbe intaccata neppure se lo spread andasse a 400 punti”, scrive il Sole.

I CALCOLI DI DEUTSCHE BANK

Secondo i calcoli di Deutsche Bank, per scendere sotto questa soglia phase-in (e dunque per rendere obbligatorio un aumento di capitale) lo spread BTp-Bund dovrebbe salire a 2.100 punti base per Intesa Sanpaolo, a 1.341 per UniCredit, a 1.192 per Banco Bpm, a 926 per Mps, a 957 per Ubi, a 1.182 per Credem e a oltre 9mila per Mediobanca: “Livelli insomma ben lontani – commenta il Sole – E a numeri più bassi ma simili nel concetto arriva anche l’analisi di Fidentiis. La seconda soglia (quella fully loaded) verrebbe invece sfondata molto prima. Secondo i calcoli di Deutsche Bank già con uno spread a 318 punti (livello attuale) Mps la rompe. Banco Bpm la sorpasserebbe con lo spread a 488 punti. Ubi a 731. E le altre sopra i mille punti. Non ci sono numeri su Carige”.

ECCO I RISULTATI DI UN REPORT DI CREDIT SUISSE

Secondo un report di Credit Suisse, per esempio con uno spread a 438 alcune banche soffrirebbero più di altre: Mps scenderebbe sotto il requisito obbligatorio Bce, mentre Banco Bpm finirebbe sotto il livello non vincolante stimato pur restando sopra il minimo. Ma il patrimonio non è l’unico aspetto critico.

COME AUMENTA IL COSTO DEL FINANZIAMENTO

La tempesta sui mercati ha portato a un aumento del costo di finanziamento. Questo secondo problema non è di poco conto se si pensa che le banche non emettono obbligazioni dal maggio scorso (a eccezione di covered bond e di un senior di Intesa Sanpaolo) e che il congelamento potrebbe durare ancora a lungo, malgrado la necessità di raccogliere titoli Mrel e di sostituire le emissioni in scadenza, ha scritto Mf.

IL PESO DEI TITOLI DI STATO ITALIANI NEI PORTAFOGLI DELLE BANCHE

Più il Paese agli occhi degli investitori perde affidabilità creditizia, più il rischio sovrano si trasmette in automatico al debito pubblico in portafoglio ai nostri istituti. “Il riflesso è quasi pavloviano. Su lo spread, giù le banche in borsa. Un copione che tra alti e bassi (più alti però) si ripropone quotidianamente sul mercato di Borsa”, ha scritto Fabio Pavesi, ex Sole 24 Ore, ora firma di Fatto Quotidiano, La Verità e Lettera 43.

I CONTI DI PAVESI SU BANCHE E SPREAD

Ha aggiunto Pavesi: “Un assegno di 70 miliardi di euro e spiccioli et voilà ci si porta a casa le prime 5 banche italiane per attivo di bilancio. Che se non fosse ancora chiaro vuol dire comprarsi il 70% dell’intera industria bancaria del Bel Paese. Detta così, quei miliardi che possono apparire un sacco di soldi, sono poca cosa per diventare i padroni del sistema bancario della terza economia della zona euro. Quei 70 miliardi erano infatti fino a venerdì sera il valore cumulato di Borsa dei primi 5 istituti nostrani”.

COME STANNO INTESA SANPAOLO E UNICREDIT

Dai due colossi Intesa Sanpaolo e UniCredit che valgono insieme poco meno di 62 miliardi di euro di valore di mercato, fino a Ubi Banca, il Banco Bpm e la sempre claudicante Monte dei Paschi di Siena.

CHE COSA PUO’ SUCCEDERE A UBI BANCA E BANCO BPM

“Per le tre banche dietro agli unici due campioni nazionali bastano davvero gli spiccioli – ha scritto Pavesi – Con soli 8 miliardi fai shopping di tutte e tre. Con 3,34 miliardi ci si compra l’intera Ubi banca. Ne servono ancora meno per il Banco Bpm (2,73 miliardi il valore di Borsa a venerdì). E con meno di 2 miliardi sostituisci lo Stato alla guida di Mps”.

ECCO FOTOGRAFIA E CONFRONTI

Tanto per dare una fotografia suggestiva, le prime 5 banche italiane valgono poco più del solo Santander spagnolo. La sola Bnp Paribas vale quanto Intesa e UniCredit messe insieme. E la inglese Hsbc vale due volte le nostre 5 banche tutte insieme. Persino la National Bank of Greece vale oggi il 20% in più di Mps.

 

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