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Diamanti

Mps, Banco Bpm, Unicredit e non solo. La truffa-diamanti secondo i magistrati

Chiuse le indagini su 87 persone fisiche e le sette società ritenute responsabili e corresponsabili della presunta truffa dei diamanti venduti agli sportelli bancari di Banco Bpm, Banca Aletti, Mps, UniCredit e Intesa Sanpaolo. 

Sono stati notificati ieri dai militari del Nucleo milanese di Polizia economico finanziaria gli avvisi di chiusura indagini nell’inchiesta della procura di Milano battezzata «Crazy Diamond».

A ricevere l’atto (il 415 bis) saranno le 87 persone fisiche e le sette persone giuridiche ritenute responsabili e corresponsabili della presunta truffa dei diamanti venduti agli sportelli bancari di Banco Bpm, Banca Aletti, Mps, UniCredit e Intesa Sanpaolo.

L’inchiesta della Procura di Milano, coordinata dal pubblico ministero Grazia Colacicco e condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, è arrivata a ipotizzare anche presunti profitti illeciti per quasi 500 milioni di euro.

Si avvicina perciò la richiesta di rinvio a giudizio oltre che per gli indagati anche per le sette società coinvolte, tra cui i cinque istituti di credito.

L’indagine sulla maxi truffa lo scorso febbraio aveva portato a un sequestro preventivo per più di 700 milioni di euro, pure a carico delle banche.

COS’AVEVA DETTO L’AD MESSINA

Qualche settimana dopo, ricorda l’Ansa, Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, aveva commentato: “Sono due anni che abbiamo scritto una lettera a tutti i nostri clienti (che hanno investito in diamanti, ndr) che sono 8.000 su 12 milioni di clienti, quindi parliamo di un caso francamente non così significativo in termini di numeri per noi, in cui abbiamo indicato la disponibilità della banca a comprare i diamanti”.

NEL FRATTEMPO E’ ARRIVATA QUALCHE CONDANNA

Nel frattempo, inoltre, cominciano a chiudersi le cause avviate da alcuni risparmiatori truffati, come quella che lo scorso giugno ha visto il tribunale di Verona condannare in primo grado Banco Bpm, citato in giudizio dagli eredi di una signora che aveva investito in diamanti attraverso gli sportelli bancari una buona parte dei suoi risparmi, 46.222,4 euro.

L’INCHIESTA

Secondo quanto riferisce l’Ansa, dall’atto di chiusura delle indagini – che prelude alla richiesta di processo per i reati di truffa aggravata e di autoriciclaggio – il Banco Popolare – diventato Banco Bpm dopo la fusione – è stato il protagonista della truffa nel caso di Vasco Rossi, così come in molti altri casi. In sostanza, le due società indagate insieme alle banche – ovvero la Intermarket Diamond Business spa (IDB) e la Diamond Private Investment spa (DPI)- avrebbero fatto comprare diamanti a investitori e a “decine di migliaia di risparmiatori” gonfiando il valore dei preziosi, in media fra il 30% e il 50%, talvolta anche l’80%, anche attraverso false quotazioni sui giornali.

IL RUOLO DELLE BANCHE

Gli istituti di credito sarebbero stati consapevoli del meccanismo truffaldino e avrebbero ricoperto un ruolo fondamentale di intermediazione tra le società e i clienti.

Coinvolti nell’inchiesta dirigenti e funzionari delle cinque banche tra cui Maurizio Faroni, ex amministratore delegato di Banca Aletti e in seguito ex direttore generale di Banco Bpm. Per l’accusa le società avrebbero ripagato gli intermediari delle banche, per la loro complicità, con varie regalie come “oggetti di archeologia” e oltre 150mila euro di donazioni a una onlus da lui presieduta nel caso di Faroni.

I TRUFFATI ECCELLENTI

Tutti i truffati potranno costituirsi parte civile nel processo. Tra di loro il nome più famoso è quello del rocker di Zocca che avrebbe versato circa 2,5 milioni di euro con tre distinti bonifici: il 20 luglio 2009 (1,043 milioni di euro), il 22 febbraio 2010 (520mila euro) e il 14 ottobre 2011 (poco più di un milione di euro).

Cifre decisamente più basse per l’ex presidente di Assolombarda Diana Bracco (oltre un milione di euro), per la conduttrice Mediaset Federica Panicucci (54mila euro) e per l’ex showgirl Simona Tagli (29mila euro).

IL SEQUESTRO PREVENTIVO

Durante le indagini, la notizia è dello scorso febbraio, la Guardia di Finanza aveva eseguito un sequestro preventivo di oltre 700 milioni di euro dopo aver ricostruito le posizioni di un centinaio di clienti truffati. In dettaglio, erano stati sequestrati – per l’ipotesi di truffa – 149 milioni a IDB e165 milioni a carico di DPI. Sul fronte delle banche, invece, le cifre erano più basse: 83,8 milioni a carico di Banco Bpm e di Banca Aletti, 32 milioni nei confronti di Unicredit, 11 milioni a carico di Intesa Sanpaolo e 35,5 milioni a carico di Montepaschi. Per l’ipotesi di autoriciclaggio, invece, il sequestro era stato pari a 179 milioni per IDB e a 88 milioni per DPI.

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