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Mazzucato o Bonomi? Quale sarà la linea del confindustriale Sole 24 Ore?

Le tesi dell'economista anti liberista, Mazzucato, sulla prima pagina del quotidiano di Confindustria "Il Sole 24 Ore" e il pensiero del presidente designato della confederazione degli industria, Carlo Bonomi

Modello sbagliato secondo Bonomi è quello della presenza più forte dello Stato nell’economia: negli ultimi decenni è andata così, ma questo sistema «non ha dato prova di gestire il bene pubblico con grande capacità, ad esempio con gli stessi soldi usati per Alitalia compravamo, pre-crisi, 5 compagnie», si leggeva sul Corriere della Sera del 26 aprile che dava conto del pensiero del presidente designato della Confindustria, Carlo Bonomi.

Un’impostazione liberale con una spruzzatina antipolitica, quella del numero uno di Assolombarda: “La politica ci ha esposto ad un pregiudizio fortemente anti-industriale che sta tornando in maniera importante in questo Paese”, dice dell’emergenza lockdown il presidente designato di Confindustria, Carlo Bonomi – si leggeva in un lancio Ansa del 17 aprile quando Bonomi ha surclassato Licia Mattioli nella successione a Vincenzo Boccia nella corsa per la presidenza di Confindustria – bisogna “riprendere le produzioni che danno reddito e lavoro, e non certo lo Stato, come padre che dispensa favori e prebende e che di certo, peraltro, non ha le risorse per farlo”.

Oggi molti in Confindustria hanno notato che collocato come un editoriale in prima pagina del Sole 24 Ore c’era un articolo dell’economista Mariana Mazzucato – teorica e fautore dello Stato innovatore, dal titolo del suo recente saggio – dalle tesi dirigiste e anti liberiste che connotano il pensiero di Mazzucato, peraltro nominata di recente consigliere del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.

Ecco i passi salienti dell’articolo di Mazzucato sulla prima pagina del quotidiano di Confindustria, Il Sole 24 Ore, diretto da Fabio Tamburini:

Lo Stato non può limitarsi ad aggiustare i danni economici provocati dalla crisi finanziaria e dall’epidemia. Esso deve dare una forma nuova ai mercati, alle organizzazioni produttive e ai rapporti sociali e di lavoro che premi la creazione di valore e la resilienza sociale e ambientale. In linea con le recenti misure adottate nei precedenti decreti (sui temi della Golden power e sulle condizionalità legate ai prestiti garantiti), andrebbe potenziata la capacita? dello Stato di dare direzionalità e promuovere il coordinamento degli investimenti e delle filiere produttive individuate come strategiche.

Affinché lo Stato possa portare a termine con successo i compiti di cui la crisi lo sta investendo, si rende urgente un rinnovamento delle competenze statali, la riorganizzazione delle strutture amministrative e l’acquisizione di un senso di missione da parte di chi opera nelle strutture pubbliche.

Per la realizzazione di una strategia industriale di successo, è fondamentale che vi siano strutture pubbliche dotate di effettive capacità di indirizzo. Molteplici esperienze nazionali e regionali del passato, quali le agenzie del New deal rooseveltiano, il ministero dell’Industria giapponese, le tecnocrazie dell’Iri e dell’Eni, possono fornire spunti importanti di design istituzionale.

Per esempio, lo Stato italiano non può rinunciare all’opportunità di dare piena realizzazione al potenziale innovativo e sistemico che Cdp e il Mef detengono, rispetto al controllo di strategiche imprese pubbliche e agli strumenti di finanziamento paziente di lungo periodo.

È essenziale che l’Italia colga l’opportunità che questa gravosa sfida impone. Lo Stato, nelle sue diverse articolazioni, può creare e operare nei mercati a fianco delle organizzazioni produttive, impostando quel cambiamento strutturale del modello economico di cui l’Italia ha, oggi più che mai, improrogabilmente bisogno.

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