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Che cosa è successo fra M5S e Lega sul decreto Di Maio

“Di Maio ha agito bene. Ha messo giù un decreto duro per minacciare e poi ricontrattare. Da manuale”. L’elogio del metodo Di Maio è arrivato da Fabrizio Barca, economista, esponente non renziano del Pd, già ministro nel governo Monti, in un’intervista oggi a Repubblica. Ma è stato davvero un metodo quello di Di Maio sui…

“Di Maio ha agito bene. Ha messo giù un decreto duro per minacciare e poi ricontrattare. Da manuale”. L’elogio del metodo Di Maio è arrivato da Fabrizio Barca, economista, esponente non renziano del Pd, già ministro nel governo Monti, in un’intervista oggi a Repubblica.

Ma è stato davvero un metodo quello di Di Maio sui fattorini che lavorano per Deliveroo, Foodora, Glovo, Just East, Uber Eats e Domino’s Pizza? Chissà.

Tutti sono concordi nel regolamentare meglio anche dal punto di vista assicurativo queste prestazioni di opera, se possibile in maniera concertata con aziende e sindacati, ma ben pochi hanno approvato l’idea-cardine della bozza Di Maio che prevedeva l’assunzione dei collaboratori-rider (qui l’analisi di Giuliano Cazzola).

Critiche e rilievi sono giunti sia dalle opposizioni (Pd e Forza Italia), sia dalle aziende del settore che dalla Confindustria (qui l’intervista di Start Magazine a Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform).

Resta da capire ora quando partirà il tavolo di concertazione annunciato dal ministro del Lavoro dopo l’accantonamento del decreto e soprattutto chi sarà convocato: anche i movimenti dei rider che però sono associazioni spontanee e non veri e propri sindacati?

Comunque, anche tecnici – e non solo politici, anche del Movimento 5 stelle – hanno avuto un ruolo nel cambiamento di direzione: fra gli addetti ai lavori si dice che i consigli Vito Cozzoli, capo di gabinetto del ministro Di Maio, siano stati utili al leader pentastallato sul fronte giuridico rispetto all’impronta da economisti che aveva la prima bozza del provvedimento.

Inoltre, e non per ultimo, anche la voce della Lega ha avuto un peso. Il messaggio giunto agli esponenti pentastellati recapitato dal partito di Matteo Salvini è stato questo, in sostanza: noi, componente di centrodestra, non possiamo condividere un’impostazione del provvedimento tipica della sinistra radicale e sindacale; quindi la subordinazione degli autonomi prevista dal provvedimento non potrebbe avere il voto dei ministri della Lega in consiglio dei ministri.

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