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F 35 Cina

Leonardo-Finmeccanica, ecco come Di Maio e Trenta silurano un po’ di F35 per placare i 5 Stelle

Tutte le contorsioni ai vertici di M5s sugli F-35 della Lockheed Martin realizzati-assemblati nello stabilimento di Leonardo (ex Finmeccanica) a Cameri

Ennesima piroetta del Movimento 5 Stelle e del ministero della Difesa sugli F-35, i cacciabombardieri della Lockheed Martin realizzati-assemblati in Italia nello stabilimento di Leonardo (ex Finmeccanica) a Cameri.

Dopo le dichiarazioni del sottosegretario grillino alla Difesa, Angelo Tofalo, che non parevano indicare indietreggiamenti sul programma di acquisti degli F35, ora dal dicastero retto da Elisabetta Trenta, indicata dal Movimento capeggiato da Luigi Di Maio, giungono altri segnali.

Secondo fonti della Difesa – ha svelato giorni fa il Corriere della Sera – “il punto di caduta sarebbe quello di acquistare «solo» 6 dei 10 velivoli opzionati a suo tempo dal governo Gentiloni per il prossimo quinquennio che presto andrebbero ad aggiungersi ai 28 (16 più 12) già acquistati dal nostro Paese”.

In realtà, ha chiosato Dino Martirano, il cronista del Corriere della Sera che segue da anni la materia, “la trasparenza non si sposa con i contratti militari: tant’è che a giugno 2018, quando uscì la notizia dell’ultimo ordine per gli F35, perfezionato con tanto di anticipo versato su un ordine totale di un miliardo e 200 mila euro, si parlò di ulteriori 8 aerei e non di 10 da acquisire nei prossimi 5 anni”.

Tuttavia per Trenta questa linea di ridimensionamento del programma F35, senza una rottura sostanziale con gli Usa, “sarebbe la strada giusta per placare la rivolta della base antimilitarista grillina perché in ogni caso porterebbe a un risparmio fino al 40% della spesa prevista”, secondo il Corsera.

Una linea, quella del ministro, di fatto dettata da Luigi Di Maio (come è successo anche nel caso di Piaggio Aero, peraltro). Il 20 dicembre il capo politico del Movimento 5 Stelle nonché vicepremier ha detto a Circo Massimo su Radio Capital: nella legge di bilancio è previsto un “taglio di mezzo miliardo alla spesa militare inutile”. Al conduttore che gli chiedeva se fosse confermato il programma sul F-35, Di Maio ha risposto: “Quello è un programma su cui continuiamo ad essere molto molto perplessi”. Il fatto che ci sia “non vuol dire che rifinanziamo tutto il programma, c’è una parte che è stata finanziata dagli anni precedenti”, ha aggiunto Di Maio.

“Non compreremo altri F35, valuteremo se mantenere o togliere i contratti in essere perché potremmo scoprire che tagliare costa più che mantenere”, disse al Fatto Quotidiano il 6 luglio scorso la professoressa Trenta, esperta di Difesa, scoperta dal M5S alla Link University dell’ex ministro dc Vincenzo Scotti.

Un’altalena di posizioni, come quelle ondeggianti del sottosegretario alla Difesa, il pentastellato Angelo Tofalo (qui un approfondimento di Start Magazine).

Ma la maretta nella base dei Cinque Stelle è evidente, come si può notare sui social. Rilevante la testimonianza di chi, dal 2013 alla fine del 2015, ha lavorato come collaboratore di un deputato M5s in commissione Difesa e, a maggio 2014, partecipò all’incontro tra alcuni portavoce del Movimento (Massimo Artini, Tatiana Basilio, Luca Frusone) e il direttore della direzione Armamenti aerei, il generale Domenico Esposito.

“L’incontro – ha scritto Lorenzo Aldraghetti su Lettera 43 fondato da Paolo Madron – si svolse a Palazzo Aeronautica su richiesta degli stessi deputati proprio per capire meglio il progetto F35. In quell’occasione venne spiegato che la forza aerea italiana era composta da caccia intercettori Tornado del 1976, che oltre a essere obsoleti erano molto costosi per via degli alti costi di manutenzione a cui il ministero della Difesa doveva far fronte. Non solo. In Italia sarebbero state prodotte e assemblate alcune parti degli F35 (in seguito i deputati andarono anche a visitare gli stabilimenti interessati). Insomma: durante l’incontro furono spiegati tutti i dettagli tecnologici dell’aereo e il sistema comune di difesa di quinta generazione che avrebbe permesso un migliore e ottimale dialogo tra i vari eserciti della Nato”.

Aggiunge Aldraghetti: “L’F35 permette di neutralizzare il “nemico” molto prima che quest’ultimo possa avvicinarsi. Oltre quindi all’aspetto strategico visto in chiave di alleanze, e all’aspetto industriale, l’F35 avrebbe portato l’Italia ad avere un sistema di difesa aerei tra i più avanzati al mondo. Il costo era alto: circa 100 milioni di euro ad aereo, oggi sceso a circa 80 milioni. Ma alla fine l’investimento sarebbe stato conveniente, soprattutto nel lungo periodo. Ci venne anche assicurato che per uscire dal progetto non ci sarebbero state penali, ma esistendo già un piano industriale in stato avanzato, la sua interruzione avrebbe rappresentato un danno”.

Conclusione dell’ex collaboratore del deputato grillino della commissione Difesa: “Se la volontà del M5s fosse ancora oggi quella di stoppare il progetto, sarebbe tecnicamente possibile. La verità è che all’Italia non conviene uscire dal progetto F35 e il M5s lo sa sin dal 2014. I membri della commissione Difesa del Movimento non hanno mai avuto il coraggio di dichiararlo pubblicamente”.

Ma la mannaia non è ancora stata attivata dall’esecutivo contro gli F35: nella manovra compaiono invece tagli ai programmi europei della Difesa. Il quotidiano La Verità diretto da Maurizio Belpietro sottolinea oggi che c’è solo una riduzione da 100 milioni di euro al progetto Eurofighter.

Di avviso diverso i Verdi: “Abbiamo scovato nella legge di bilancio approvata  il 23 dicembre scorso, due commi che invece le spese militari le aumenta – dice Angelo Bonelli – si tratta del comma 163 sexies e del 223 novies: il primo prevede assunzioni per i programmi di produzione militare il secondo prevede che una parte del ricavato, 10%, delle dismissioni immobiliari dei beni della Difesa siano destinati a spese di investimento militari. Da una parte  -continua l’esponente dei Verdi – si riducono le spese militari per 570 milioni  di euro spalmati in 12 anni,praticamente 47 milioni di euro l’anno, mentre dall’altra invece si fanno entrare risorse per spese militari dalla vendita degli immobili del ministero della Difesa, sono oltre 1000 gli immobili da mettere in vendita, e con assunzione di nuovo personale finalizzati proprio al sostegno alla produzione militare, il tutto per oltre 500 milioni di euro.”

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