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Ilva, ecco capriole e mezze verità di Conte e Morselli (Arcelor Mittal)

Dossier Ilva per governo Conte e Arcelor Mittal. Fatti e dichiarazioni nell'articolo di Michele Arnese, direttore di Start

 

Davvero Arcelor Mittal chiede al governo soltanto una protezione penale sul passato dell’ex Ilva per prevenire effetti negativi di ulteriori interventi della magistratura?

Fino a ieri questa (o scudo o addio) era la posizione del colosso della siderurgia. Ma oggi si scopre altro.

Per Arcelor Mittal – si legge nelle cronache dell’incontro di ieri tra governo e azienda – si ritiene essenziale “riscrivere il contratto siglato un anno fa in considerazione dei mutati scenari di mercato, abbassando i livelli produttivi a 4 milioni di tonnellate e di conseguenza i livelli occupazionali”.

Non solo: “Il perimetro occupazionale adeguato sarebbe di soli 3.500-4mila lavoratori (su un totale attuale di circa 10.700 dipendenti coinvolti di cui 7mila operai)”.

“Sul tavolo – ha sintetizzato il Sole 24 Ore – in pratica c’è la chiusura dell’area a caldo, da trasferire all’amministrazione straordinaria. Alla multinazionale resterebbe solo la cosiddetta area a freddo. Un’operazione che richiederebbe un robusto intervento dello Stato con la cassa integrazione per evitare alcune migliaia di esuberi”.

Beninteso, sono palesi le capriole del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, come ha twittato il giornalista de La Stampa, Jacopo Iacoboni:

D’altronde su Start l’editorialista Gianfranco Polillo ha rimarcato le responsabilità politiche del premier e l’esperto Giuliano Cazzola ha sottolineato la bontà – nel particolare caso intricato dell’ex Ilva – di una sorta di scudo legale (seppure a scarso odore di costituzionalità, ha ironizzato ma non troppo oggi lo storico dell’economia, Giulio Sapelli, a Mf/Milano Finanza).

Ciò detto, serve chiarezza e trasparenza di intenti da parte di Arcelor Mittal e non mezze verità.

La ricostruzione dei fatti non è troppo edificante.

Il 4 novembre il gruppo franco-indiano dice che l’eliminazione dello scudo penale per i manager e i provvedimenti del Tribunale di Taranto sono per la società tra le ragioni che giustificano il recesso.

Ecco i virgolettati precisi.

“Con effetto dal 3 novembre 2019, il Parlamento italiano ha eliminato la protezione legale necessaria alla Società per attuare il suo piano ambientale senza il rischio di responsabilità penale, giustificando così – secondo Arcelor Mittal – la comunicazione di recesso. In aggiunta, i provvedimenti emessi dal Tribunale penale di Taranto obbligano i Commissari straordinari di Ilva a completare talune prescrizioni entro il 13 dicembre 2019 – termine che gli stessi Commissari hanno ritenuto impossibile da rispettare – pena lo spegnimento dell’altoforno numero 2. Tali prescrizioni dovrebbero ragionevolmente e prudenzialmente essere applicate anche ad altri due altiforni dello stabilimento di Taranto. Lo spegnimento – sottolinea A. Mittal – renderebbe impossibile per la Società attuare il suo piano industriale, gestire lo stabilimento di Taranto e, in generale, eseguire il Contratto”.Dunque l’eliminazione della “protezione legale” dal 3 novembre “necessaria alla società per attuare il suo piano ambientale senza il rischio di responsabilità penale, giustificano la comunicazione di recesso”.

Ieri, nella lettera che Arcelor Mittal Italia guidata dal nuovo capo azienda Lucia Morselli (manager peraltro considerata non ostile, anzi, al Movimento 5 Stelle, secondo quanto scriveva anche il Fatto Quotidiano), ha in inviato a dipendenti e sindacati si menziona soltanto la questione dello scudo legale.

Infatti Arcelor Mittal nel documento di retrocessione ad Ilva delle aziende e dei 10777 dipendenti spiega che il recesso del contratto deriva dall’eliminazione della protezione legale. La Protezione legale – si legge nella lettera del gruppo – costituiva “un presupposto essenziale su cui AmInvestCo e le società designate hanno fatto esplicito affidamento e in mancanza del quale non avrebbero neppure accettato di partecipare all’operazione né, tantomeno, di instaurare il rapporto disciplinato dal Contratto”.

Oggi però il premier ha dato un’altra informazione. “Da quanto rivelato dalla proprietà non è lo scudo penale la causa determinante della decisione di recedere dal contratto”, ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al quotidiano La Verità.

In effetti ieri, durante l’incontro con il governo, i vertici di Arcelor Mittal hanno detto – secondo la ricostruzione del Sole24ore.com – che la reintroduzione di una protezione legale, con una legge e con la garanzia politica che non venga di nuovo cancellata, è solo una delle condizioni per restare in Italia: “Si ritiene essenziale infatti riscrivere il contratto siglato un anno fa in considerazione dei mutati scenari di mercato, abbassando i livelli produttivi a 4 milioni e di conseguenza i livelli occupazionali”.

Poi un altro tema centrale per l’azienda difesa dall’avvocato Ferdinando Emanuele, è l’altoforno Afo 2: “Va superato il problema delle prescrizioni richieste dalla magistratura in tempi strettissimi, considerati dall’azienda impraticabili. Anche qui si ritiene essenziale intervenire con una norma, per l’estensione della facoltà d’uso per almeno 14-16 mesi”, ha aggiunto il Sole.

Quanto basta per chiedere chiarezza e non mezze verità al colosso franco-indiano.

Non serve altro fumo sull’ex Ilva.

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