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Assicurazioni

Generali, Unipol, Allianz e non solo. Come andranno i conti delle assicurazioni (un confronto con l’Europa)

Che cosa si legge nel rapporto dell’Ania, l’associazione delle compagnie assicurative, presentato nel corso dell’assemblea annuale. Un estratto del rapporto sul capitolo delle imprese di assicurazioni, quindi in primis Generali, Unipol, Allianz e non solo Il dettaglio sul conto economico e sullo stato patrimoniale delle imprese di assicurazione europee riportato nella banca dati Fitch Connect…

Il dettaglio sul conto economico e sullo stato patrimoniale delle imprese di assicurazione europee riportato nella banca dati Fitch Connect consente di esaminare l’andamento di alcuni importanti indicatori di redditività e di gestione del portafoglio del settore assicurativo nei principali paesi europei (Francia, Germania, Italia e Regno Unito), messi a confronto con il valore medio di un campione europeo di nove paesi che, oltre a quelli analizzati singolarmente, include Austria, Belgio, Olanda, Svezia e Svizzera.

CHE COSA CONTIENE LA BANCA DATI SULLE ASSICURAZIONI

La banca dati raccoglie le informazioni relative ai bilanci civilistici individuali redatti secondo i principi local GAAP di un campione di imprese. Il periodo di osservazione va dal 2012 al 2016 (il dato 2017 non è ancora disponibile).

LE IMPRESE CHE ESERCITANO IL RAMO DANNI

Nel periodo di analisi (2012-2016) le imprese del campione europeo considerato, censite da Fitch Ratings attraverso la piattaforma Fitch Connect, che esercitavano il ramo danni erano 884, di cui 235 in Germania, 124 nel Regno Unito, 139 in Francia e 79 in Italia.

IL PRIMO INDICATORE DI REDDITIVITA’

Il primo indicatore di redditività delle imprese che viene considerato è il rendimento del capitale proprio (ROE), ossia il rapporto tra l’utile d’esercizio e la media dei mezzi patrimoniali degli ultimi due anni ( 2). L’andamento della profittabilità dell’impresa mediana per il campione europeo analizzato è risultato, nel 2016, in aumento rispetto all’anno precedente, passando dal 5,9% al 6,7%, ma lievemente inferiore rispetto al 6,9% del 2014 (figura 1).

UN CONFRONTO CON GLI ALTRI PAESI

L’indice dell’impresa mediana italiana, dopo la contrazione registrata l’anno precedente (dal 13,0% nel 2014 al 10,6% nel 2015), è aumentato attestandosi all’11,3%. Analogo andamento si riscontra nel Regno Unito e in Germania: nel dettaglio, la profittabilità dell’impresa mediana inglese è aumentata dal 5,0% nel 2015 all’8,2% nel 2016 mentre quella dell’impresa mediana tedesca ha raggiunto il 5,1%, dal 4,5% nel 2015. La Francia, invece, è l’unico tra i quattro paesi analizzati a registrare un calo, con un indicatore di redditività passato dal 7,5% nel 2015 al 6,9% nel 2016.

LA MEDIA IN ITALIA

Nella media del quinquennio si osserva per l’Italia un valore del ROE pari al 10,6%, superiore sia rispetto a quello del campione europeo (5,9%) sia nel confronto con gli altri paesi oggetto dell’analisi. È possibile ottenere un’informazione della dispersione delle imprese attorno al valore mediano calcolando la distanza interquartile, ossia la differenza tra i valori degli indicatori riferiti alle imprese che rappresentano, rispettivamente, il primo e il terzo quarto delle imprese ordinate per profittabilità crescente.

I NUMERI DEL COMPARTO NEL NOSTRO PAESE

Nel 2016 in Italia si è osservata una dispersione delle imprese lievemente più bassa rispetto all’anno precedente, 16 punti percentuali anziché 17, superata in questo solo dal Regno Unito con 26 punti percentuali. Gli altri paesi analizzati hanno registrato invece valori più contenuti: nel dettaglio, la dispersione del campione europeo è stata pari a 14 punti percentuali, seguita dalla Francia con 13 p.p. e dalla Germania con 9 punti.

 

Nel 2016 il combined ratio, definito come la somma tra il loss ratio e l’expense ratio delle imprese mediane, ha registrato a livello europeo un valore pari al 95,3%, stabile rispetto al 2015 (95,2%) (figura 2). L’impresa mediana inglese e quella francese hanno registrato nel 2016 un aumento dell’indice, passato, rispettivamente, dal 93,2% nel 2015 al 98,8% e dal 97,3% al 98,2%. Ha mostrato, invece, un trend opposto l’Italia, con un rapporto in miglioramento dal 91,3% al 90,4%, il valore più basso degli ultimi 5 anni (la media per il nostro Paese, nel quinquennio analizzato, è inferiore di due punti e mezzo rispetto al dato europeo).

È risultato in calo anche il combined ratio dell’impresa mediana tedesca, passato dal 95,0% nel 2015 al 92,6%. Nel 2016, la differenza tra il primo e il terzo quarto del campione di imprese è stata di 28 punti percentuali nel Regno Unito, 18 p.p. in Italia, 17 p.p. nel campione europeo, 16 p.p. in Francia e 15 p.p. in Germania; ad eccezione della Francia, la dispersione delle imprese attorno al valore mediano è aumentata in tutti i paesi analizzati.

Nello stesso anno l’expense ratio europeo ha registrato un valore stazionario rispetto al 2015 e pari al 30,0% (figura 3); quanto ai singoli paesi analizzati, nel 2016 l’Italia, dopo il miglioramento registrato l’anno precedente, ha osservato un indice pari al 34,3%, in aumento rispetto al 2015 (34,0%). È continuato a peggiorare, progressivamente negli anni, anche l’expense ratio dell’impresa mediana inglese e francese, pari rispettivamente al 47,4%, dal 44,2% nel 2015, e al 26,3%, in aumento di un punto percentuale. La Germania è l’unico paese che ha registrato nel 2016 un miglioramento dell’indice, passato dal 30,0% nel 2015 al 29,4%.

Nel 2016 la differenza tra il primo e il terzo quarto del campione di imprese è risultata più alta nel Regno Unito con 31 punti percentuali, seguito dall’Italia con 23 punti (stesso valore registrato dal campione europeo) e dalla Francia e dalla Germania, entrambe con 18 punti. L’utile d’esercizio realizzato dal settore danni rapportato al volume dei premi contabilizzati ha registrato a livello europeo un valore in lieve aumento, passando dal 4,7% nel 2015 al 5,0% nel 2016 (figura 4). Ad eccezione della Francia, che nel 2016 registra un calo dell’indice (dal 4,7% nel 2015 al 4,0%) tutti gli altri paesi analizzati mostrano invece un incremento.

L’Italia si è attestata nel 2016 al 5,3%, dal 5,1% nel 2015, seguita dalla Germania con il 4,6% (3,7% nel 2015) e dal Regno Unito con il 3,6% (2,9% nel 2015). Nella media dei cinque anni il valore dell’utile d’esercizio dell’impresa mediana italiana, pari al 5,1%, è risultato il più alto tra tutti i paesi oggetto dell’analisi; il valore medio del campione europeo si è attestato al 4,5%.

La differenza interquartile delle imprese è risultata più ampia nel Regno Unito, con 15 punti percentuali, superiore rispetto alla media del campione europeo (10 p.p.); tutti gli altri paesi analizzati hanno invece registrato valori più contenuti. Rispetto all’anno precedente, nel 2016 il totale delle riserve tecniche rapportato al volume dei premi contabilizzati è risultato in diminuzione a livello europeo attestandosi al 142,2%, dal 144,0% nel 2015 (figura 5); analogo trend si è osservato per l’impresa mediana italiana, che ha registrato nel 2016 una percentuale di riserve tecniche su premi pari al 165,7% (era 169,5% l’anno precedente).

Gli altri paesi analizzati mostrano invece un aumento dell’indice: il Regno Unito è passato dal 174,4% nel 2015 al 179,2% nel 2016, la Francia dal 144,6% al 146,1% mentre la Germania ha raggiunto il 120,7% dal 119,2% nel 2015. Con riferimento al periodo dei cinque anni in esame, l’Italia presenta un valore medio dell’indicatore pari a 171,2%, in linea con il Regno Unito ma ben più alto rispetto al campione europeo (144,5%). Nel 2016 la più alta differenza tra primo e terzo quarto della distribuzione è stata registrata dal Regno Unito con 167 punti percentuali; la Germania e l’Italia hanno invece mostrato una dispersione al di sotto dei 100 punti percentuali.

 

LE IMPRESE CHE ESERCITANO IL RAMO VITA

Nel quinquennio 2012-2016 le imprese censite da Fitch Connect, relative al campione europeo considerato, che esercitavano i rami vita erano 608, di cui 277 in Germania, 83 in Francia, 67 in Italia e 41 nel Regno Unito (la bassa rappresentatività del campione inglese potrebbe alterare l’analisi dei trend temporali per questo paese). Il rendimento del capitale proprio (ROE), ossia il rapporto tra l’utile d’esercizio e la media dei mezzi patrimoniali degli ultimi due anni, dell’impresa mediana italiana nel 2016 ha registrato un aumento rispetto al 2015 dal 6,5% al 7,3%, con un valore medio nel quinquennio analizzato pari all’11,8%, molto influenzato dal forte recupero di redditività che si era riscontrato nel 2012 (figura 6). Il valore dell’indicatore per il 2016 dell’Italia è tornato in linea con la media europea. Un andamento in crescita, ad eccezione della Francia che ha un ROE stabile al 6,2%, viene osservato negli altri paesi analizzati: nel dettaglio, il ROE dell’impresa mediana britannica è cresciuto nel 2016 all’11,6%, dal 7,5% nel 2015, quello dell’impresa mediana tedesca è passato dal 3,9% al 4,9%, mentre il valore dell’indicatore relativo al campione europeo ha raggiunto il 5,7% (era pari al 5,1% nel 2015). In merito alla dispersione della redditività delle imprese intorno al valore mediano, nel 2016 il valore più alto viene registrato dal Regno Unito, con una differenza tra il primo e il terzo quarto della distribuzione pari a 12 punti percentuali, seguito dalla Germania con 10 punti e dall’Italia e dalla Francia con valori progressivamente più contenuti.

Nel 2016 l’expense ratio del settore vita per l’impresa mediana ha registrato a livello europeo un valore pari al 7,4%, in rialzo rispetto all’anno precedente (7,0%) (figura 7). Analogo trend si è osservato in tutti i paesi analizzati: nel dettaglio, il valore dell’indicatore per il Regno Unito ha raggiunto nel 2016 il 22,0%, per la Francia il 9,9%, per la Germania il 5,3% e per l’Italia il 4,8%. La differenza interquartile delle imprese può variare notevolmente da paese a paese anche in ragione dell’incidenza del business di tipo linked che, generalmente, mostra un expense ratio inferiore agli altri rami vita. Nel 2016 la differenza tra primo e terzo quarto della distribuzione delle imprese è stata di 61 punti percentuali nel Regno Unito, 10 p.p. in Germania (due punti in meno rispetto a quella del campione europeo), 8 p.p. in Francia e 5 p.p. in Italia.

Nello stesso anno il rendimento degli investimenti del campione europeo (escluso il Regno Unito per indisponibilità dei dati) è stato pari al 3,6%, in lieve diminuzione rispetto al 2015 (3,7%) (figura 8). L’impresa mediana francese ha registrato un calo più significativo, con un rendimento degli investimenti passato dal 3,5% nel 2015 al 3,1% nel 2016, seguita dall’impresa mediana italiana, con il 3,0%, dal 3,2% nel 2015, e da quella tedesca, con un rendimento in lieve calo, dal 3,9% al 3,8%. L’analisi media dell’indicatore nel quinquennio 2012-2016 restituisce un valore del campione europeo pari al 4,0%, in linea con la Germania e superiore al valore registrato per l’Italia (3,9%) e per la Francia (3,6%). Per quanto riguarda la dispersione interquartile delle imprese, nel 2016 si è osservata una distanza tra primo e terzo quarto della distribuzione superiore a un punto percentuale nel campione europeo e in Germania; la Francia e l’Italia hanno registrato valori più contenuti.

Nel 2016 l’utile d’esercizio realizzato dal campione europeo nel settore vita e rapportato al volume dei premi contabilizzati è stato pari al 2,4%, in aumento rispetto al biennio precedente, quando si attestava al 2,0% (figura 9). Analogo trend si riscontra negli altri paesi analizzati; in particolare il Regno Unito ha registrato nel 2016 un indice pari al 22,9%, dal 14,8% nel 2015, la Francia è passata dal 4,3% al 4,8% mentre la Germania e l’Italia, seppur in crescita, si attestano su valori più contenuti, pari rispettivamente all’1,8% e all’1,6%.

La media nel quinquennio analizzato dell’indice relativo al campione europeo è pari al 2,4%, superiore solo a quella registrata dall’impresa mediana tedesca (1,6%); il valore più alto è stato registrato dal Regno Unito (11,8%). Anche nel 2016 il rapporto delle riserve tecniche sui premi contabilizzati relativo all’impresa mediana del campione europeo è risultato in aumento e pari a 9,4, da 8,9 nel 2015 (figura 10). Tale andamento si riflette anche in Francia e in Italia, con valori rispettivamente pari a 9,4 (da 8,1 nel 2015) e a 4,9 (era 4,4 nel 2015). Il rapporto risulta invece stazionario in Germania (10,2 nel biennio 2015-2016) e in calo nel Regno Unito (da 4,4 nel 2015 a 3,5 nel 2016). Nel 2016 la più alta differenza tra primo e terzo quarto della distribuzione delle imprese è stata registrata dalla Germania (15 punti percentuali), mentre l’Italia e il Regno Unito hanno mostrato la più bassa dispersione dei valori (4 p.p.)

 

LA REDDITIVITÀ DELLE IMPRESE DI ASSICURAZIONE EUROPEE QUOTATE NEL 2017

Con riferimento alle sole imprese quotate è possibile un confronto sulla redditività del settore assicurativo nei principali paesi europei nel 2017. Va tenuto conto che si tratta di bilanci consolidati – ossia comprensivi dell’attività svolta dalle controllate estere – e che tali bilanci sono redatti secondo i principi IAS, che permettono di rilevare alcune minusvalenze nel patrimonio netto senza transitare a conto economico. Nel 2017 l’andamento della redditività (misurata dal Return on Equity – ROE – mediano, calcolato al netto delle tasse e dei dividendi agli azionisti privilegiati) delle imprese di assicura zione quotate dei principali paesi europei ha mostrato tratti differenziati rispetto all’anno precedente. Nel Regno Unito il ROE dell’impresa mediana ha raggiunto quasi il 15%, circa un punto e mezzo percentuale in più rispetto al 2016; ha registrato un aumento, sebbene di entità più contenuta, anche il ROE mediano delle imprese italiane (9,7%, 9,2% nel 2016) che non ha consentito di recuperare la consistente flessione rispetto al 2015 (11,9%). La redditività delle imprese tedesche è rimasta invece invariata (12,7%), mentre quella delle imprese francesi si è contratta (7,0%, 8,4% nel 2016). Quanto alla distribuzione della performance tra le singole imprese, quelle del Regno Unito hanno mostrato la maggior dispersione, con una distanza interquartile pari a 46,5 punti percentuali; seguono le imprese italiane (11,9 punti), francesi (6,7) e tedesche (6,0).

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