skip to Main Content

Def

Vi spiego come risolvere l’enigma Def

Il commento di Gianfranco Polillo, già sottosegretario all’Economia, su tempi e modi del Def visto lo stallo politico Può il Parlamento italiano discutere e approvare le risoluzioni sul Def, in assenza del Governo? Ricordiamo a non iniziati ai misteri di queste procedure, che le risoluzioni, una volta approvate, tracciano il sentiero programmatico all’interno del quale…

Può il Parlamento italiano discutere e approvare le risoluzioni sul Def, in assenza del Governo? Ricordiamo a non iniziati ai misteri di queste procedure, che le risoluzioni, una volta approvate, tracciano il sentiero programmatico all’interno del quale il Governo dovrebbe muoversi. Delineano, in altre parole, il programma legislativo del semestre successivo. E sono, in qualche modo propedeutiche, alla successiva Nota di variazione, varata nel mese di settembre, che imposta la legge di stabilità.

Il Governo in questa complicata trafila non è un semplice spettatore. Ma interagisce continuamente con la sua maggioranza parlamentare e le stesse opposizioni. E’ in altre parole il motore vero dell’intero ciclo finanziario. Se non c’è, la macchina, come avviene per i mezzi di trasporto, si ferma. Ma il potere decisionale, si potrebbe aggiungere, è prerogativa parlamentare. Tesi suggestiva, ma non del tutto rispondente alle regole costituzionali. Le relazioni tra Parlamento e Governo sono racchiuse in un rapporto dialettico. Il Governo, in altre parole, non è un semplice esecutore delle decisioni altrui. Guida la sua maggioranza. E se nascono contrasti può, con il voto di fiducia, imporre le proprie determinazioni.

Fin qui le regole. Proiettate nella realtà più immediata, i problemi si complicano ulteriormente. Allo stato attuale non esiste una piattaforma minima che possa prefigurare, in qualche modo, il Governo che verrà. Le posizioni sono divaricate al massimo. Se da un lato si pensa ad abrogare la Legge Fornero e predisporre un piano di drastica riduzione della pressione fiscale. Dall’altro si pensa al “salario di cittadinanza”. Non sono ovviamente mancati sforzi per ridurre le maggiori divergenze. Ma queste ipotesi di compromesso non hanno ancora fatto i conti con l’oste. Vale a dire il problema delle risorse da trovare, per evitare di infrangere le regole europee.

Esercizio tutt’altro che facile. Alla conta mancano più di 16 miliardi: necessari per evitare l’aumento dell’IVA e far fronte alle richieste già pervenute da parte di Bruxelles. C’è poi il conto delle spese indifferibili ed il passaggio da una legislazione tendenziale a quella delle politiche invariate. Che da sola comporta un’ulteriore spesa di oltre 1,5 miliardi per il rinnovo dei contratti pubblici ancora pendenti. Se mancano le relative coperture, sarà necessario discutere in sede europea, al fine di scongiurare possibili procedure d’infrazione.
Nel frattempo il quadro macroeconomico, con tutte le incognite che caratterizzano la situazione internazionale (dazi, conflitti, ipotesi di un ritorno alla “guerra fredda”), risulta meno brillante, rispetto alle previsioni della Nota di aggiornamento, elaborata dal Governo Gentiloni. Il tasso di crescita dell’economia tende a flettere. L’inflazione rimane ancora troppo bassa. Il debito ha subito qualche piccola limatura. Sebbene, in controluce, si intraveda più di un problema.

Finora gli spread sono rimasti contenuti. Dall’inizio dell’anno la differenza con il bund tedesco è oscillata intorno ad un valore medio di 120 punti base. Dato rassicurante. Sennonché quelli spagnoli, ma soprattutto quelli portoghesi, hanno subito, nello stesso periodo, una caduta ben maggiore. La cosa deve far riflettere. Dimostra che l’ombrello di Mario Draghi non copre tutti alla stessa maniera. E che, nella notte, non tutti i gatti sono bigi. Vi sono tensioni latenti, nel mercato, che potrebbero esplodere qualora la situazione, per motivi diversi, dovesse divenire meno rassicurante. Non dimentichiamo che nel 2011 fu proprio il sorpasso degli spread italiani rispetto ai bonos spagnoli a dare origine alla successiva slavina.

Se questo è il quadro, denso di luci e di ombre, sarebbe forse opportuno che il Parlamento italiano si limitasse ad una semplice presa d’atto del Def, che il Governo in carica deve comunque elaborare, per essere poi trasmesso a Bruxelles. Sarebbe un documento minimalista, mutilato nella parte programmatica. Il solo tendenziale, che dovrebbe, tuttavia, incorporare sia l’aumento dell’IVA che le richieste avanzate da Bruxelles. Sarebbe poi compito del Governo che verrà elaborare la successiva parte programmatica.

Una simile procedura non sarebbe rispettosa della tempistica europea. Occorrerà pertanto discutere con Bruxelles, alla ricerca delle formule più adatte per salvare capra e cavoli. Vale a dire fornire alla Commissione il successivo quadro programmatico, che dimostri il rispetto dei vincoli concordati, tenendo conto dei tempi della politica italiana. Impresa indubbiamente non semplice. Ma lo è forse la situazione politica italiana?

Back To Top