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Elliott e Tim, ecco perché non mi convince troppo la public company invocata da Calenda

L’analisi di Mario Seminerio, curatore del blog Phastidio.net L’ipotesi di arrivo resta quella di scorporare la rete, trasformarla in società e mandarla a nozze con Open Fiber, la creatura Enel e CDP fortemente voluta da Matteo Renzi per spingere la banda ultralarga nelle zone del paese a cosiddetto fallimento di mercato, vero e presunto. In…

L’ipotesi di arrivo resta quella di scorporare la rete, trasformarla in società e mandarla a nozze con Open Fiber, la creatura Enel e CDP fortemente voluta da Matteo Renzi per spingere la banda ultralarga nelle zone del paese a cosiddetto fallimento di mercato, vero e presunto. In pratica, questa operazione rappresenta il volano pubblico, o ispirato dal pubblico, per guidare lo sviluppo digitale del paese.

Il ministro Calenda vede una società-rete come una forma di public company, rievocando antiche leggende metropolitane e creature societarie mitologiche degli anni Ottanta. Per ora, la CDP ha deciso di cacciar fuori 800 milioni di euro per assicurarsi il 5% di Tim. Pare quindi che il golden powerpubblico non serva più, nel senso che ora pare serva avere il piede e i soldi nella società coinvolta nel riordino. Solo il tempo dirà se le cose stanno in questi termini, ma già oggi sentire e leggere di “public company” suscita (almeno in me) un misto di tenerezza e irritazione. Ma il punto non è questo.

Il punto è che, a lustri di distanza dalla cosiddetta privatizzazione di Telecom Italia, ancora non c’è un assetto ed un progetto stabile per l’azienda, e questa è una cosa piuttosto indecente ma soprattutto molto italiana. Per ora, il governo italiano in carica per il disbrigo degli affari correnti e le due forze uscite sedicenti vincitrici dalle elezioni hanno deciso che serve allearsi con l’investitore attivista Elliott, che in altri tempi si sarebbe definito “locusta” ma che oggi invece è il taxi che porta al grande ritorno “a leva” dello Stato negli affari di una peculiare azienda privata, per buttare fuori Vivendi, il cattivone che non è riuscito a creare valore per pubblico e privato.

Che poi, visto che ai taxi la corsa va pagata, è assai probabile che lo Stato e la CDP dovranno pagare a Elliott la monetizzazione del valore così creato, e pagare a carissimo prezzo, per evitare che arrivino altre locuste e che il 5% di CDP serva a tappezzare il bagno. A proposito, ministro Calenda: ma lei è proprio sicuro che Elliott, che è azionista a termine, accetterà un pesante calmiere alla propria plusvalenza in uscita, come sarebbe quello prodotto da una clausola statutaria che fornisce alla quota di CDP potere di veto sulla società-rete?

La trovata della public company casca a fagiolo sull’azione di “sblocco di valore” attuata da Elliott, a sua volta verosimilmente ispirata da qualche indigeno di sistema interessato a rimettersi in gioco sul grande palcoscenico nazionale. Non bastava il Golden Power, ribadiamolo. E se si arrivasse ad una fusione tra Open Fiber e la rete ex Tim, in cui pubblico e privati non concordassero su strategia ed investimenti? E se non vi fossero soldi per fare gli investimenti necessari, se non a caro prezzo per remunerare il capitale di rischio?

(estratto di un’analisi più ampia pubblicata su Phastidio.net)

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