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Banca Popolare Di Bari

La guerra fra Pd e Italia Viva sul decreto salva Popolare di Bari. Tutti i dettagli

Il decreto su Popolare Bari è bloccato per regolare vecchi conti fra democrat e renziani. Si aiuta così l'Italia? L'approfondimento di Giuseppe Liturri

 

Era abbastanza facile prevedere che le difficoltà della Banca Popolare di Bari divenissero presto terreno di scontro politico.

Era invece piuttosto difficile prevedere che tale scontro arrivasse al punto da far disertare ai ministri renziani un consiglio dei ministri chiamato ad adottare importanti provvedimenti per mettere in sicurezza la banca barese.

Invece è toccato assistere all’inverosimile spettacolo di una bozza di decreto che è entrata in consiglio e là è rimasta. A spiegare il tutto, è intervenuto l’onorevole Luigi Marattin che si è prodotto in un post su Facebook che suscita più di una perplessità.

Ma per capire meglio il senso della posizione assunta oggi dai renziani, bisogna tornare indietro al 13 febbraio 2017 ed alla frase pronunciata da Renzi nel corso di una infuocata direzione del PD: “…Non vedo l’ora che parta questa commissione d’inchiesta sulle banche. Sarà interessante discutere anche delle banche pugliesi, la Popolare di Bari, la Banca 121, oppure delle banche venete perché si è fatto credere che il problema delle banche italiane venisse da qualche banchetta territoriale toscana…” .

A febbraio 2017, non si era ancora spenta l’eco della sconfitta di Renzi al referendum del 4 dicembre 2016, seguita dalla sue dimissioni da presidente del Consiglio, ed era in corso la crisi di Banca Mps, di Veneto Banca e di Banca Popolare di Vicenza, poi conclusesi a giugno 2017 con la ricapitalizzazione precauzionale della prima da parte dello Stato e la liquidazione coatta amministrativa delle altre due, poi rilevate da Banca Intesa con un sostanzioso contributo statale.

In tutti e 3 i casi, oltre agli azionisti, le cui sorti erano segnate da tempo, ci fu il sacrificio (‘burden sharing’) di obbligazionisti subordinati, che non furono formalmente azzerati, come accadde a quelli di Banca Etruria (novembre 2015), ma subirono di fatto il sostanziale abbattimento del valore dei loro titoli. I depositanti non subirono alcun danno.

A dicembre 2016 c’era stata anche una sentenza del Consiglio di Stato che aveva fatto letteralmente a pezzi il decreto legge del gennaio precedente, relativo alla trasformazione delle banche popolari in società per azioni. A seguito di quel decreto, la Popolare di Bari aveva avviato le procedure per la trasformazione in SpA ed aveva già convocato l’assemblea dei soci per la fine di dicembre. Quella sentenza bloccò tutto.

Allora vien da chiedersi il senso di quelle parole del febbraio 2017? Perché accomunare banche in difficoltà, anche solo transitoria, con il caso di una banca sottoposta a risoluzione assieme ad altre 3 banche di media/piccola dimensione? Renzi sapeva qualcosa? Il bilancio di quell’anno della banca barese chiuse con utile risicato a cui seguì la perdita enorme del 2018 pari ad oltre €400 milioni.

Quando venerdì scorso, dopo che ormai da qualche mese le condizioni della banca barese erano evidentemente deteriorate, la banca è stata commissariata, ai renziani non deve essere sembrato vero potersi togliere un macigno che portavano nella scarpa da quasi 3 anni.

Ma, nella fretta di regolare i conti con un pezzo del Pd ed il M5S, Marattin si è lasciato prendere la mano.

Nel suo post, nell’ordine:

  • Esordisce subito ricordando il linciaggio subito dai renziani nella crisi bancaria del 2015/2017. Ma omette di ricordare che il sacrificio dei risparmiatori ci fu, eccome. Ho appena ricordato del sacrificio degli obbligazionisti. O Marattin crede che sia un merito aver evitato perdite ai depositanti? Un evento disastroso mai accaduto in Italia, dalle conseguenze imprevedibili?
  • Invoca la necessità di avere tempo per capire cosa stia accadendo. È forse l’unico politico in Italia a non aver letto i giornali negli ultimi mesi, in cui si rincorrono da tempo le diverse ipotesi di intervento del Mediocredito Centrale e del Fondo interbancario di tutela dei depositi?
  • Si ricollega alle dichiarazioni pubbliche di Conte, in cui affermava l’assenza di problemi. Peccato che oggi stesso Conte abbia ammesso di aver mentito per ragioni di prudenza e rispetto del segreto d’ufficio.
  • Nel merito: confonde (in effetti lo ammette pure) il denaro per la ricapitalizzazione della banca con quelle per le misure della legge di bilancio, dimenticando che non c’è denaro perché così è stato promesso a Bruxelles, in quanto il saldo complessivo della legge di bilancio è blindato.
  • Ritiene che la banca si sia sottratta all’obbligo di trasformazione in SpA. Ma così non è, come sopra dimostrato. E punta ancora una volta il dito contro chi ‘ha gestito quella banca e l’ha portata al fallimento’ (sorvoliamo sul fatto, grave, di parlare in questi termini di una banca, che non è formalmente fallita, salvo poi ritrattare e che rivela il fatto che allora Marattin conosce la situazione della banca).
  • Tutto ciò premesso, dopo aver svuotato le scarpe, si dichiara a favore dell’intervento dello Stato.

Allora qual è il problema? Non è stato approvato un decreto venerdì sera solo perché i renziani avevano bisogno di smarcarsi politicamente e cercare una riabilitazione postuma relativa alla gestione (con molte ombre e pochissime luci) delle crisi bancarie succedutesi tra novembre 2015 e giugno 2017?

Non mi sembra una strada particolarmente saggia, invocare quel passato come prova di buona amministrazione.

 

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