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Ecco come Unicredit sfruculia le agenzie di rating sull’Italia

La decisione di abbassare il giudizio sul rating sovrano al livello più basso della categoria investment grade porta sfortunatamente di nuovo in primo piano le mosse delle agenzie. CHE COSA HA SCRITTO IL CAPO ECONOMISTA DI UNICREDIT SU MOODY’S E NON SOLO E’ quanto ha messo per iscritto nella sua nota domenicale Erik Nielsen, invece,…

La decisione di abbassare il giudizio sul rating sovrano al livello più basso della categoria investment grade porta sfortunatamente di nuovo in primo piano le mosse delle agenzie.

CHE COSA HA SCRITTO IL CAPO ECONOMISTA DI UNICREDIT SU MOODY’S E NON SOLO

E’ quanto ha messo per iscritto nella sua nota domenicale Erik Nielsen, invece, il capo economista di Unicredit, che ha analizzato lo spread di venerdì e ha adombrato un dubbio: “Strano quello rally massiccio dei Btp venerdì, partito verso le 16:00, con lo spread che si restringeva di 10 punti base. E’ apparso del tutto sproporzionato in relazione alle notizie disponibili fino a quell’ora… “. Come dire: chissà se il downgrade di Moody’s, ma con outlook positivo, era già cominciato a circolare nelle sale operative prima del comunicato ufficiale ai mercati.

ECCO GLI EFFETTI DELLA DECISIONE DELL’AGENZIA DI RATING SULL’ITALIA

Nielsen ha spiegato nella nota che non è un fan della bozza di bilancio presentata dal governo italiano, che contiene almeno 8 miliardi di misure restrittive per le banche e che prevede un miglioramento dell’economia dello 0,6% nel 2019 grazie alle novità intraprese (magari non propriamente credibili come efficacia). Ma l’ossessione di Bruxelles e delle agenzie di rating per il rapporto debito/pil – secondo Nielsen, come riportato da Mf – rischia di avvitare l’Italia allo scenario del 2010-2011. Dando così troppo peso e troppo potere alle agenzie di rating.

I NUMERI DELL’ITALIA ANALIZZATI DA UNICREDIT

Oggi, scrive Nielsen, l’Italia usa circa l’8% dei ricavi (tasse) per ripagare il debito, contro il 7% di UK e Spagna, che per contro hanno giudizi di merito, rispettivamente di 8-9 livelli e 1-2 tacche sopra quello dell’Italia. Se le agenzie di rating porteranno il giudizio dell’Italia a junk, il ricordo va a quel 1993, quando il Paese lasciò il Sistema Monetario Europeo e dovette usare il 31% delle entrate per ripagare i debiti.

LO SCENARIO DELL’ITALIA SECONDO IL CAPO ECONOMISTA DI UNICREDIT

Il capo economista di Unicredit si dilunga poi in uno scenario sulle prossime mosse delle agenzie di rating sull’Italia: “E’ probabile che S&P tagli anch’essa il proprio outlook sull’Italia a negativo venerdì prossimo, aprendo la strada a un downgrade all’inizio del 2019. Visto che il giudizio di Fitch ha già un outlook negativo, se S&P si allineasse e se non ci fossero ritocchi di politica economica da parte del governo, tutte e tre le agenzie avrebbero un giudizio sullo stesso livello, vale a dire un notch oltre ‘junk’. Sembra siano [le agenzie] più in contatto con la realtà, rispetto a una tradizione piuttosto disastrosa. Motivata o meno, la bocciatura di Moody’s accentuerà la tendenza degli investitori istituzionali ad abbandonare il mercato italiano, con il rischio di innescare un nuovo massiccio movimento di capitali all’interno della zona euro come si è visto nel 2010/2012”.

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