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Di Maio

Vi racconto il luciferino attacco di Di Maio al Jobs Act e alla riforma dell’articolo 18

Le idee proposte dal Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio al Pd? Un programma di assistenzialismo giacobino. Il commento di Walter Galbusera, già dirigente sindacale della Uil Dunque non è soltanto il modello “alla tedesca” delle relazioni industriali, ma anche quello dei rapporti politici, a suscitare grande interesse nel nostro Paese. Questa almeno è…

Dunque non è soltanto il modello “alla tedesca” delle relazioni industriali, ma anche quello dei rapporti politici, a suscitare grande interesse nel nostro Paese. Questa almeno è la parola d’ordine dei 5 Stelle che Luigi Di Maio propone al Pd (ma ieri Matteo Renzi ha escluso di poter sostenere un governo Di Maio) precisando che non di alleanza si deve parlare (perché questo termine indicherebbe uno scambio di poltrone) ma di un “ contratto” che nello stesso tempo salva “identità e valori ben precisi che i 5 Stelle difendono senza compromessi”, per migliorare la qualità di vita degli italiani. Essendo un contratto, in buona sostanza un’alleanza a termine senz’anima, non si capisce bene quali siano le valenze politiche se non esaminandone i contenuti. In un’intesa qualsivoglia tra soggetti commerciali sono chiare le finalità, ma tra forze politiche l’equilibrio di un’intesa, per stare in piedi, si fonda inevitabilmente su compromessi.

Di Maio garantisce la continuità nell’Unione Europea e monetaria a condizione di una profonda modifica dei vincoli di austerità, del superamento del Fiscal compact e della definizione di un’unione fiscale capace addirittura di “smantellare il sistema di elusione e di evasione nell’ambito della Ue”, mentre sul tema dell’immigrazione si attesta sulla linea, largamente condivisa, di rivedere il Regolamento di Dublino per garantire un’equa distribuzione dei migranti fra tutti i paesi dell’Unione.

Come è noto il professor Della Cananea ha individuato i punti comuni dei programmi di 5 Stelle e Pd. Non era un compito semplice e non a caso il massimo comun divisore che esce da questa analisi indica in concreto solo progetti di spesa aggiuntiva al bilancio dello Stato come l’assunzione di migliaia di infermieri, medici, agenti delle forze dell’ordine e tecnici della cyber security. Tutte scelte condivisibili, si potrebbero aggiungere insegnanti, vigili del fuoco, addetti alla protezione civile e alla sicurezza sul lavoro, salvo indicarne anche le fonti di finanziamento credibili e non limitarsi ad una generica “lotta agli sprechi” o a misure che, pur non entrando nel merito della loro legittimità e opportunità, sono chiaramente insufficienti a ottenere in tempi ragionevoli le risorse necessarie .

Ma il “meglio” del progetto 5 Stelle sta nel combinato disposto dei capitoli dedicati alla lotta alla povertà e alle questioni del lavoro. Poiché il Reddito di inserimento (REI) è insufficiente e le politiche attive del lavoro non funzionano, entra in scena il Reddito di Cittadinanza (per l’occasione accompagnato dalla neonata Pensione di Cittadinanza) estendendo i benefici a più famiglie mentre viene reso effettivo il reinserimento al lavoro per effetto della riforma dei Centri per l’Impiego.

Non è spiegato quale sia questa “riforma” ma probabilmente si pensa anche qui a qualche migliaio di assunzioni. Ma, poiché la piena realizzazione del reddito di cittadinanza avverrà gradualmente (purtroppo i tempi non sono precisati) così come accadrà per i Centri per l’Impiego, è necessario la reintroduzione dell’articolo 18 come soluzione transitoria al fine di superare “le rigidità del contratto di lavoro”. E’ chiaro che più un “ponte” è una soluzione, se non definitiva, almeno di lungo periodo. Si tratta del più lucido (un po’ anche luciferino) attacco alla riforma dell’articolo 18 e al Jobs Act che entra a far parte di un ipotetico programma di governo. Il salario minimo orario viene indicato come obiettivo comune senza alcuna riflessione sulle modalità di attuazione, ed associato alla creazione di una banca pubblica per il finanziamento delle piccole e medie imprese italiane, probabilmente sulla scorta di alcuni progetti presentati da Casaleggio Junior.

In tema di pressione fiscale non vengono individuate grandi criticità, in fondo si tratta solo di distribuire in misura equilibrata il taglio delle aliquote IRPEF, IRAP, IRES, su cui vi sarebbe sufficiente convergenza tra i due partiti. Più che la ricerca di garantire l’uguaglianza delle opportunità e redistribuire la ricchezza attraverso lo sviluppo e la crescita prestando attenzione al debito pubblico, che nel bene e nel male è stato il progetto del PD a trazione renziana, siamo di fronte ad un programma di assistenzialismo giacobino che, almeno come viene proposto, non solo è impraticabile ma ci riporterebbe indietro di molti anni. Se bisogna credere alle “condizioni irrinunciabili” che pongono i 5Stelle, la trattativa, se dovesse aprirsi,rischia di diventare per il PD una mela avvelenata.

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