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Borsa

Che cosa succede all’Italia fra Conte, Moody’s, spread e corsa del dollaro

Il Taccuino di Gianfranco Polillo fra mercati e politica con le ultime dalle piazze finanziarie, il livello dello spread, l’andamento di Piazza Affari, la corsa del dollaro e l’annuncio di Moody’s sull’Italia Settimana di passione, quella che ci siamo lasciati alle spalle. La Borsa lascia sul terreno un secco 3 per cento, nel comparto delle…

Settimana di passione, quella che ci siamo lasciati alle spalle. La Borsa lascia sul terreno un secco 3 per cento, nel comparto delle blue chip. Décalage maturato, in larga misura, proprio ieri. Quando il Ftse-mib, chiudendo a 22.398,15, aveva fatto registrare una perdita dell’1,54 per cento. Sebbene nel corso della giornata si fossero toccati abissi più profondi – fino al 2,5 per cento – rispetto al prezzo d’apertura.

Soffrono soprattutto le banche e le utilities. Ma più in generale è l’intero listino a tingersi di rosso. Pochi i titoli in controtendenza, che si contano sulle dita di una sola mano: Moncler, Atlantia, Leonardo, Campari, Pirelli e Stmicroelectronics. Guadagni dal 3,78 all’1.73 per cento. Una specie di miracolo se paragonato al resto del listino.

DOSSIER MOODY’S

Ben più consistenti i ribassi intervenuti. Banco BPM perde il 7,34 per cento, Finecobank il 4,31, Mediobanca il 4,01, Unicredit e Intesa Sanpaolo rispettivamente il 3,92 ed il 3,18 per cento. Una falcidia. Le cause sono diverse. A partire dalla grande incertezza politica che circonda la neo formazione governativa. Per fortuna il colloquio tra il presidente incaricato e l’inquilino del Quirinale si è svolto a mercati chiusi. Quel carattere interlocutorio, segno delle difficoltà non risolte nella formazione del governo, non sarebbe stata accolta con brindisi a champagne. E in serata è arrivato anche l’annuncio di un possibile downgrade per l’Italia da parte di Moody’s, che teme squilibri nei conti pubblici.

CAPITOLO SPREAD

Nervosismo ancora maggiore per lo spread in precedenza. Nell’ultima settimana è cresciuto da 137,10 punti base a 206,30. Ma prima avevano toccato il culmine di 217,2, per poi ridiscendere seppur di poco. Con una differenza di più 70. Si calcola che ogni aumento di 100 punti base comporti un maggiore spesa teorica per interessi di circa 2 miliardi.

LA SPESA PER INTERESSI

Per fortuna queste somme non usciranno dalle casse dell’Erario, non essendo previste al momento aste di nuovi titoli. Ma l’indicazione rimane come un macigno. Mostra il carattere contraddittorio di certe manifestazioni di protesta. Si possono respingere le richieste dei “burocrati” di Bruxelles che chiedono, da tempo, una manovra correttiva di 5 miliardi e poi, bruciarne quasi 2 nello spazio di una sola settimana?

GLI ATTACCHI FUORI LUOGO

Alla richiesta di un maggior rendimento per i titoli italiani, in conseguenza del maggior rischio – questo significa l’aumento degli spread – hanno contribuito fattori diversi. Indubbiamente le incertezze politiche e gli attacchi della stampa internazionale, spesso eccessive e fuori le righe. Com’è avvenuto nel caso dell’Economist che ironizza sul presidente incaricato. O ancor peggio per Der Spiegel che paragona gli italiani ad una sorta di barboni irresponsabili. Ma soprattutto a causa di una congiuntura internazionale che tende a surriscaldarsi.

LE ALTRE PIAZZE EUROPEE

Come mostra l’andamento contrastato delle altre piazze finanziarie europee. Con Londra che chiude a +0,18 per cento e Francoforte a +0,64. Delude, invece Parigi (-0,11 per cento). Mentre Madrid subisce i contraccolpi della grave crisi politica che ha coinvolto, in una sorta di “mani pulite” spagnola, il Governo di Mariano Rajoy, perdendo l’1,7 per cento. Fenomeni che fanno riflettere. Seppure per motivi diversi la terza e quarta potenza dell’Eurozona prestano il fianco agli stessi problemi: la crisi dell’anciene regime destinata ad alimentare una rabbia sociale, che può trovare sbocco nelle forze antisistema.

CHI LASCIA LA ZONA EURO VERSO GLI USA

Si spiega allora così l’erraticità dei movimenti di capitali che lasciano la zona dell’euro per rifugiarsi verso lidi più sicuri. Si calcola che nelle ultime settimane i Fondi europei abbiano registrato abbandoni per oltre 3,3 miliardi di euro. Somme destinate soprattutto a rifluire negli Stati Uniti. Ed infatti il dollaro continua a rivalutarsi nei confronti dell’euro. Fenomeno che non trova tanto spiegazione nell’economia reale, quanto nel sentiment che domina i mercati.

L’ATTRAZIONE VERSO IL BIGLIETTO VERDE

L’incerta politica italiana, insieme allo scandalo spagnolo, sono fattori destinati non solo a riflettersi sugli equilibri interni dei due Paesi, ma possono alimentare una slavina dagli esiti imprevedibili. Capace di erodere le basi stesse dell’euro. Ed allora meglio affidarsi al biglietto verde: tanto più che il rendimento sui Treasury è conveniente e, con un pizzico di fortuna, può ancora crescere se la rivalutazione del dollaro dovesse continuare.

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