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Ecco come la Bce di Draghi scruterà l’Italia

Il commento giornaliero ai mercati finanziari di Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners Sgr Il ritorno sul mercato degli investitori americani e inglesi, dopo la festività di ieri è avvenuto in un contesto di fuga disordinata dagli asset italiani, che ha interessato con particolare violenza i titoli di stato e il credito, e ha…

Il ritorno sul mercato degli investitori americani e inglesi, dopo la festività di ieri è avvenuto in un contesto di fuga disordinata dagli asset italiani, che ha interessato con particolare violenza i titoli di stato e il credito, e ha coinvolto, con diversi livelli di intensità, Piazza Affari, l’azionario europeo e globale, e la divisa unica.

Il mood è stato opaco sin dalla seduta asiatica, con gli investitori messi sull’avviso dal brusco rally dello Yen. Ma la price action è rimasta composta, con i principali indici a mostrare cali inferiori al punto percentuale (tolte le “H” shares a -1.3%) e Sydney addirittura positiva.

Il dramma è iniziato con l’apertura europea, quando i i titoli di stato italiani sono stati presi di mira, con particolare focus sulla parte breve (2/3 anni), e i rendimenti hanno iniziato a salire vertiginosamente. Si è rapidamente intuito che oggi sarebbe stato molto peggio di ieri, e l’azionario italiano ed europeo ha iniziato a affossarsi progressivamente, insieme con l’euro.

In tarda mattinata il mercato ha ritrovato un po’ di compostezza. Non che i livelli citati si siano modificati di molto. Ma si è vista la comparsa di qualche compratore e il mercato è diventato un po’ più “two way”. Tra i motivi per il recupero del sentiment, durato con alti e bassi fino al pomeriggio, possiamo elencare: varie dichiarazioni di Di Maio sul fatto che non ha mai voluto l’uscita dall’euro; il circolare del nome dell’economista Tabellini alle finanze nel governo Cottarelli e un’apertura composta di Wall Street, la tenuta della consumer confidence US di maggio e la quinta sorpresa positiva a fila su una survey manifatturiera US, il Dallas FED di maggio (26.8 da 21.8 e vs attese per 23.8.

Sembrava che la chiusura potesse avvenire con un clima un po’ più composto del mattino, l’azionario al centro del range odierno, e l’obbligazionario su livelli leggermente meno penalizzanti. Ma, a un ora dalla chiusura europea ha cominciato a circolare l’ipotesi di una rinuncia di Cottarelli, perché i principali partiti sono d’accordo di sciogliere immediatamente le Camere, per andare alle elezioni entro luglio.
L’ennesimo ribaltamento di fronte ha nuovamente depresso gli umori, e così le chiusure europee sono molto simili ai livelli del panico mattutino, in alcuni casi ingentilite dalla circostanza che gli ultimi scambi sono avvenuti prima che il mood negativo prendesse interamente il sopravvento. Anche Wall Street alla fine ha molato gli ormeggi, i rendimenti dei treasury scendono vistosamente, e la curva monetaria ha “cancellato” un rialzo dei tassi nei prossimi 12 mesi.

La reazione alle news non mi sorprende più di tanto. Di fronte alla possibile rinuncia di Cottarelli, 2 sono i pensieri che presumibilmente vengono in mente all’investitore, in particolare quello estero, che ha meno dimestichezza con tempi e modi della nostra politica:

1) le istituzioni italiane non sanno più che pesci pigliare

2) i partiti italiani (senza distinzione visto che i media parlano di un accordo trasversale) conducono i loro giochi di potere sulla pelle del paese.

In effetti, era da almeno 6 anni che non si percepiva un caos del genere nello scenario politico italiano. Dare indicazioni in questo contesto, con i i riferimenti saltati sui mercati è difficile. Per citare un esempio, un movimento del genere sul 2 anni in una seduta non si vedeva dagli anni 90. Provo comunque a fare qualche ragionamento. Un terremoto del genere sul mercato dei tassi può avere ripercussioni non da poco sul quadro macroeconomico italiano, ed europeo. Al solito, non sono i livelli a preoccupare, ma il trend.

Guardando al livello del 2 anni italiano (+ 20 basis points venerdì, +85 ieri, + 180 oggi) il messaggio diventa più che chiaro. Come tale, questo fenomeno non può non preoccupare la Bce. Draghi ha ribadito diverse volte (l’ultima nel Q&A dell’ultimo meeting ) che a fronte di un indesiderato inasprimento delle condizioni finanziarie, il Governing Council è pronto reagire con tutti i mezzi a disposizione. Personalmente, non credo che siamo molto lontani da una qualche forma di reazione.

Quale? Difficile dirlo. Di solito, la Bce inizia con la retorica, e poi fa seguire azioni nel caso questa si riveli insufficiente. Fino ad oggi, le attese erano per un termine del QE entro il 2018. Ma Draghi ha ripetuto più volte che il programma dispone della flessibilità necessaria per reagire ad eventuali ulteriori necessità.

Certo, c’è il problema del cosiddetto “moral hazard”. Correre in aiuto di stati che minacciano di rigettare le regole e smontare le riforme è fortemente diseducativo e piacerà poco a Germania e paesi Core Europe. In questo senso, le dichiarazioni di alcuni esponenti politici italiani (“lo spread lo decide la Bce”) non aiutano. Ma l’obiettivo principale della Banca Centrale Europea resta il mantenimento di condizioni finanziarie appropriate in Eurozona. E ritengo che se sarà necessario, lo dimostreranno ancora una volta.

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