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Contratti collettivi di lavoro, tutti i numeri (e le sorprese) del censimento Inps-Cnel

I numeri del rapporto Inps-Cnel, le spiegazioni di Tito Boeri e il commento di Dario Di Vico Inps e Cnel hanno sottoscritto il 19 giugno a Roma una convenzione dalla doppia finalità:  rendere più trasparente la contrattazione collettiva permettendo di misurare la rappresentatività sia delle organizzazioni datoriali che di quelle dei lavoratori. La seconda, invece,…

Inps e Cnel hanno sottoscritto il 19 giugno a Roma una convenzione dalla doppia finalità:  rendere più trasparente la contrattazione collettiva permettendo di misurare la rappresentatività sia delle organizzazioni datoriali che di quelle dei lavoratori. La seconda, invece, permetterà di migliorare il presidio dei minimi contributivi e il controllo rispetto alle norme su agevolazioni contributive e fiscali. E questo avrà potenziali effetti sul gettito contributivo e sulle ‘tax expenditures’.  Per chiudere il cerchio manca ora l’accordo, in via di definizione, con Cgil, Cisl, Uil e Confindustria.

LE PAROLE DEL PRESIDENTE DELL’INPS

“Con il Cnel – ha spiegato il presidente dell’Inps, Tito Boeri – abbiamo cercato di far parlare il censimento dei contratti collettivi che avevamo. Ne avevamo censiti 280, con quello fatto dal Cnel il quale ha contratti nazionali ed aziendali. Attraverso questa operazione di riconciliazione siamo andati a censire 369 contratti. Questi sono importanti perché una volta censiti, le aziende, nella compilazione del modulo Uniemens, hanno potuto segnalarci a quali di questi contratti la loro azienda si riferiva. E quindi abbiamo potuto avere una misura della copertura dei contratti ovvero la percentuale dei lavoratori e di aziende che sottoscrivono quel contratto in rapporto al numero totale di aziende e di lavoratori del settore,” ha continuato Boeri precisando che i 369 contratti sono distribuiti in modo diverso.

L’ANALISI DI BOERI

“Ci sono settori, come quello dei trasporti, che ne ha 66, un numero elevato – ha aggiunto Boeri – In altri settori come quello chimico sono inferiori. E questi contratti sono sia nazionali che aziendali. Sarebbe utile interrogarsi perché ci sono oggi cosi tanti contratti. C’è ,comunque, un numero molto elevato di contratti nazionali e abbiamo il 99% delle aziende che si riferisce ad uno di questi 369 contratti. E quasi il 98% dei lavoratori è nelle stesse condizioni. Vi sono poi altri contratti che allo stato attuale non censiamo, c’é dunque una quota residuale di lavoratori non considerati. Come si evince siamo però vicini al 100%: i contratti censiti dall’INPS riguardano dunque la totalità”, ha aggiunto Boeri precisando come il contratto di Confindustria del settore metalmeccanico riguardi il 27% circa delle aziende e il 60% dei lavoratori.

IL COMMENTO DELL’EDITORIALISTA DARIO DI VICO

Dario Di Vico, giornalista, saggista ed editorialista del Corriere della Sera, esperto di lavoro e welfare, dice a Start Magazine: “Per quanto riguarda il settore metalmeccanico il dato che attesta la rappresentatività delle associazioni imprenditoriale è significativo e non a caso è il settore che ha realizzato maggiore innovazione nei contenuti anche in sede di contratto nazionale”. Di Vico, più in generale, sottolinea “lo sforzo dell’Inps di avere piena trasparenza sulla “presa reale” che organizzazioni datoriali e sindacali hanno sulle rispettive basi è molto utile e anzi dovrebbero cadere le remore che ancora ostacolano la pubblicazione di tutti i dati”.

LE MIRE DELL’ACCORDO INPS-CNEL

L’accordo tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil e la convenzione sottoscritta da Inps e Cnel, ha spiegato Boeri, portano a due “risultati importanti”: rendono più trasparente la contrattazione collettiva, permettendo di misurare la rappresentatività sia delle organizzazioni datoriali che di quelle dei lavoratori; migliorano il presidio dei minimi contributivi e il controllo rispetto di norme sulle agevolazioni contributive e fiscali.

 

 

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