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Ecco cosa l’Italia può attendersi da Cina e Russia (su Btp e non solo). Parla La Malfa

L'intervista all'ex ministro Giorgio La Malfa sulle recenti mosse di politica economica di Tria e Savona, che si rivolgono a Cina e Russia

Nei giorni scorsi, ha fatto molto discutere la possibilità che il governo potesse piazzare i propri titoli di Stato a Russia e Cina in caso di stop del quantitative easing, ovvero la manovra di “supporto” della Bce sui bond statali. Il governatore Mario Draghi ha già annunciato che la fase di sostegno della banca centrale al debito pubblico italiano è prossima ad esaurirsi e per tutta risposta sui giornali sono rimbalzate le notizie di un imminente viaggio in Cina del Ministro dell’Economia Giovanni Tria e di un’intervista del ministro degli Affari europei Paolo Savona che ha evocato una sponda da parte di un fondo russo.

Giorgio La Malfa, già ministro del Bilancio negli anni ’80 e delle politiche europee nel Berlusconi bis, fa bene Tria ad andare in Cina?

Mi risulta che Tria abbia un rapporto accademico con la Cina da anni. Io penso ci siano due cose che si possa chiedere alla Cina: sostegno in caso di speculazione internazionale sui cambi oppure, più semplicemente, un’attenzione all’Italia nell’ambito del programma di investimenti cinese. La seconda opzione mi pare più immediata.

Poniano invece che l’Italia si rivolga a Russia e Cina per piazzare i propri titoli di Stato, quali crede che sarebbero le ripercussioni?

Qualora un Paese, venendo meno ai principi di solidarietà degli altri membri dell’Unione, si rivolgesse all’esterno per sostenere la propria stabilità vorrebbe dire che saremmo nel pieno della crisi dell’Ue. Prima di arrivare a quel punto io penso che occorra valutare se è possibile costruire un’unione monetaria europea che tenga conto sia della stabilità dei conti, sia delle esigenze di crescita.

In che senso?

Se l’Italia potesse crescere del 3%, con un tasso di inflazione al 2%, e avessimo un deficit inferiore al 3%, faremmo in fretta a mettere a posto il debito pubblico. Nella discussione fra espansionisti e rigoristi, i secondi propongono una strada che non porta alla soluzione del problema del debito: l’abbiamo visto chiaramente negli ultimi anni. L’Europa dovrebbe puntare a una politica che miri al risanamento finanziario non tramite il rigore (fallimentare), ma tramite l’aumento della crescita.

Savona sembra rivolgersi alla Russia. Lo giudica un “bluff” o un tentativo di mettere l’Europa con le spalle al muro?

Conoscendo Savona, escludo che pensi di mettere l’Europa con le spalle al muro. Savona sa benissimo che il punto centrale con Bruxelles è trovare una via d’uscita di interesse comune. È da un po’ che non ho contatti con lui, ma so che Savona pensa a un’Europa più forte, e punta a un programma concordato di sostegno alla crescita. A riprova di ciò, ha presentato un piano di investimenti. Non ha mica proposto di aumentare il deficit pubblico per sostenere sgravi fiscali o reddito di cittadinanza. Sa che gli investimenti sono la componente col maggior valore per gli effetti espansivi del reddito. L’originalità del suo contributo è proporre uno schema che va incontro agli impegni europei assunti dall’Italia in modo concreto.

Ma secondo lei è possibile che fondi cinesi o russi acquistino titoli di Stati italiani o è solo una “strategia mediatica”?

Ripeto, se io fossi il ministro a quei Paesi mi rivolgerei per sondare la disponibilità a investire in infrastrutture, non per fargli comprare titoli di debito pubblico. Ma il nostro interlocutore fondamentale è l’Europa. Se poi l’Europa diventasse il luogo dei no, si penserà a cosa fare. Il vero problema dell’Italia è un altro.

Quale?

Il governo è pericolosamente in ritardo nel dar corpo alla propria politica economica. L’assoluta incertezza ha innervosito i mercati e contribuito ad alimentare le questioni di cui parliamo oggi, sull’Italia che farebbe a meno dell’Europa eccetera. Lo vediamo dallo spread, che è già salito. La risposta ai problemi con lo spread non sono le parole ma i documenti che spieghino all’Europa quale politica intende attuare l’Italia. Ecco perché la presentazione del Def andrebbe anticipata.

Quanto tempo abbiamo?

Siamo già in ritardo. Tenga presente che in Europa il clima è cambiato, lo sanno tutti a partire da Angela Merkel. Una politica come quella che ci è stata imposta ha avuto scarsi effetti economici e catastrofici effetti elettorali. Dunque Bruxelles sarà ben felice se un Paese si presenterà con un progetto diverso da quello bocciato dagli elettori italiani, capace però di ricongiungere le esigenze dell’Europa e dell’Italia.

Cosa faranno secondo lei i fondi americani?

I fondi di puro investimento prestano attenzione soltanto a potenziali perdite, e tendono a muoversi ciclicamente: quando sentono il “cattivo tempo”, lo fanno avvenire. Invece i fondi sovrani hanno un altro arco di interesse, e cercano destinazioni per rendimenti a medio termine. Gli americani hanno l’uno e l’altro. I primi sono preoccupati per ogni fibrillazione, e costituiscono un problema che dobbiamo fermare: e come ho detto lo possiamo fare dando un quadro fermo e preciso dei propositi del Governo.

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