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NordLB

Chi e come contesta a sorpresa il sì di Bruxelles al salvataggio tedesco di Nordlb

Che cosa hanno detto del caso Nordlb il presidente dell’autorità di sorveglianza unica della Bce (Ssm), Andrea Enria, e un commento del Financial Times. Tutti i dettagli Pure nei palazzi europei e sulla stampa finanziaria internazionale si comincia a dubitare della equanimità di giudizi della Commissione di Bruxelles in materia bancaria nel valutare le operazioni…

Pure nei palazzi europei e sulla stampa finanziaria internazionale si comincia a dubitare della equanimità di giudizi della Commissione di Bruxelles in materia bancaria nel valutare le operazioni dei Paesi.

E’ questo quello che indicano sia le parole odierne del presidente dell’autorità di sorveglianza unica della Bce (Ssm), Andrea Enria, sia di un secco commento del Financial Times. Ecco tutti i dettagli, partendo dal sì la scorsa settimana di Bruxelles al salvataggio statale della banca pubblica Nordlb in Germania.

CHE COSA HA DECISO LA COMMISSIONE DI BRUXELLES SU NORDLB

La Commissione europea e l’Antitrust europeo hanno dato ieri il disco verde finale al salvataggio della banca tedesca NordLb, che consiste in una ricapitalizzazione da 3,6 miliardi circa, stabilendo che la complessa operazione che rimetterà in piedi la banca, riportandola alla redditività con tagli dei costi e del personale e con un’iniezione di capitale a carico di due Länder e un gruppo di Sparkassen locali, non è aiuto di Stato.

CONFRONTI E PRECEDENTI

L’intervento statale consente di salvaguardare la stabilità finanziaria in Germania, senza passare da perdite per creditori privati, come quelle previste da bail-in e burden sharing. Su questi fronti la Germania ha spesso dato lezioni agli altri Paesi europei, Italia in primis, salvo poi sfuggire alle regole quando possibile, con il consenso di Bruxelles. Un caso simile a NordLb è stato nel 2016 quello della portoghese Caixa Geral de Depositos, ricapitalizzata dagli azionisti pubblici.

CHI SALVERA’ LA BANCA NORDLB

Il coinvolgimento dello Stato nel salvataggio di NordLb è stato dunque totale in quanto sono pubblici tutti gli azionisti della banca, ha scritto il Sole 24 Ore: “In base al progetto inizialmente illustrato dal top management della banca, l’iniezione di capitale è a carico della Bassa Sassonia per 1,5 miliardi, Sassonia-Anhalt per 200 milioni mentre per le casse di risparmio (tramite il fondo di garanzia dei depositi bancari) per 1,135 miliardi. In aggiunta, la Bassa Sassonia contribuisce con 800 milioni aggiuntivi, portando l’intervento complessivo in equity a quota 3,5 miliardi”.

CHE COSA HA DETTO ENRIA

“Capisco che ci sia la percezione di un quadro di risoluzione non veramente funzionante”, con “creditori che potrebbero essere trattati meglio con risoluzioni nazionali, e questo non dovrebbe essere possibile, perciò servirebbe un quadro di liquidazione unico. Sarebbe meglio togliere le banche dal regimi di insolvenza ordinari e passare a uno schema europeo”: lo ha detto il presidente dell’autorità di sorveglianza unica della Bce (Ssm), Andrea Enria, rispondendo a diversi eurodeputati che gli chiedevano se l’ok della Commissione Ue al salvataggio di NordLB non fosse incoerente.

LE LEGISLAZIONI DIVERSE

Enria ha ricordato che esistono “diverse legislazioni nazionali che interagiscono” nei casi di crisi bancaria, come le liquidazioni o anche l’uso degli schemi di garanzia dei depositi (Dgs). Ad esempio, in Germania il Dgs e altri schemi consentono un intervento “molto diverso” da altri. Inoltre, “alcuni possono fare un intervento prevenivo molto esteso, altri no”. “Partendo da questi casi e anche dalla sentenza della Corte Ue su Banca Tercas, bisognerebbe arrivare a una codifica più uniforme” delle regole. E “con Edis (lo schema comune di garanzia dei depositi, ndr) avremmo un intervento ancora più chiaro”, ha concluso.

LE CRITICHE DI DE MATTIA E DEL FINANCIAL TIMES

Ma è il giornale della City a essere più esplicito contro le mosse di Bruxelles a favore in sostanza della Germania, come sottolineato in Italia ad esempio dall’ex Bankitalia, Angelo De Mattia. “Un pessimo esempio di arte di governare“, che “avrà l’unico risultato di peggiorare le condizioni per compromessi politici fra Germania, Italia e altri Paesi dell’Unione”. È il giudizio del Financial Times, che commenta così in un editoriale l’approvazione da parte della Commissione europea del salvataggio con soldi pubblici della banca statale tedesca NordLB. Il quotidiano londinese riconosce che in quel caso l’intervento pubblico “può essere legale”, ma sottolinea che “rafforza la comparsa di doppi standard nell’Eurozona”. E aggiunge: “Le lamentele tedesche relative ai problemi bancari italiani irrisolti ostacolano i progressi verso l’unione bancaria e una più ampia integrazione dell’eurozona”, ma “ci sono tanti scheletri nell’armadio delle banche tedesche”.

CHE COSA HA SCRITTO IL QUOTIDIANO DELLA CITY

Il Financial Times ricorda – sottolinea il Fatto – come si è arrivati all’attuale normativa (bail in) che in linea di principio vieta il salvataggio delle banche con soldi dei contribuenti e, in caso di crisi, impone perdite ad azionisti e obbligazionisti. Nel 2012 i leader europei hanno deciso “di tagliare il cordone ombelicale fra le banche e i loro governi, adottando regole per limitare futuri bailout di banche in perdita a carico dei contribuenti e forzare gli obbligazionisti a fare la loro parte per coprire le perdite”. “Ma i vecchi vizi sono duri a morire”. Gli autori dell’articolo proseguono affermando che le regole messe in campo si sono dimostrate inadeguate, poiché ci sono troppe scappatoie regolamentari che le autorità nazionali possono sfruttare: “Alcuni Paesi possono cavarsela. Altri no”.

LE TRE QUESTIONI SECONDO IL FINANCIAL TIMES

La prima domanda è perché le autorità europee non abbiano valutato la fattibilità di un coinvolgimento degli obbligazionisti prima che i soldi pubblici venissero tirati in ballo. La seconda questione è che” la riluttanza a ricapitalizzare NordLB ristrutturando i crediti degli obbligazionisti mostra quanto i decisori europei non siano all’altezza delle promesse fatte nel 2012″: è solo l’ultimo di tanti casi in cui si indietreggia di fronte alla possibilità di attuare un bail-in. “I policy-maker si comportano come persone dipendenti da abitudini che sono incapaci di abbandonare”.

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