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Ubi Banca Banche

Che cosa succede in Ubi (Massiah sorvegliato dal Patto)

Il 17 febbraio verrà presentato il piano industriale di Ubi Banca. Il Patto di consultazione, azionista al 18%, manda un avviso all'ad Massiah. E tra Ubi e Banco Bpm il nodo bancassurance. Fatti, nomi e indiscrezioni

Tempo di presentazioni e di decisioni per Ubi Banca. L’istituto di credito guidato dall’amministratore delegato Victor Massiah, al centro dei rumors sul probabile risiko bancario dei prossimi mesi, il 17 febbraio presenterà il nuovo piano industriale mentre attende che sia chiarisca il quadro delle banche di medie dimensioni per decidere la strategia del business assicurativo.

Pochi mesi fa, peraltro, Ubi Banca è stata protagonista di un piccolo “ribaltone” azionario con la nascita del Patto di Consultazione, chiamato Car, che aggrega circa il 18% del suo capitale sociale e a cui aderiscono Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, Fondazione Banca del Monte di Lombardia, Polifin Spa e Famiglia Bosatelli, Next Investment Srl (Famiglia Bombassei), P4P Int e Famiglia Pilenga, Radici Group e Famiglia Gianni Radici, Scame Spa e Famiglia Andreoletti e UPIFRA SA (Famiglia Beretta). Il Car – di cui è capofila la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo guidata da Giandomenico Genta – ha di fatto mandato in soffitta l’egemonia in Ubi di Giovanni Bazoli e di altri storici azionisti lombardi come Emilio Zanetti e Franco Polotti.

IN ARRIVO IL NUOVO PIANO INDUSTRIALE

Come si diceva, la banca ha in programma la presentazione del nuovo piano industriale per lunedì 17 febbraio previo disco verde da parte il board che, una settimana prima, è chiamato ad approvare il bilancio. All’appuntamento, come ricorda l’Ansa, l’istituto di credito si è preparato per bene: accelerando sulla dismissione degli Npl, mettendo a regime nei prossimi tre anni la fusione delle sette banche nella capogruppo e fissando all’8,2% l’Npe ratio (rapporto tra crediti deteriorati e totale dei crediti erogati). Inoltre, ha aperto il nuovo anno con un record di ordini – superiore ai 6 miliardi – per un bond subordinato da 400 milioni.

COSA SI DICE DELLA FUSIONE CON BPM

Sul fronte del risiko bancario, da tempo si parla di una possibile fusione fra Ubi Banca e Bpm, che svelerà il suo nuovo piano industriale ai primi di marzo. Certo, Massiah era stato chiaro nell’intervista al Sole 24 Ore dello scorso novembre: “Le fusioni non si improvvisano, servono analisi chiare perché la storia dimostra che non tutte le aggregazioni sono state di successo”. Per svolgere delle analisi chiare, aveva spiegato, serve “un’approfondita valutazione di due elementi” ossia i “nuovi principi contabili internazionali” che “impongono di spesare interamente all’inizio i costi di fusione che riguardano soprattutto gli esuberi di personale” e “i modelli interni di rating delle banche coinvolte e l’impatto della loro armonizzazione sugli indici di capitalizzazione”. Le nozze fra Ubi e Bpm sono state benedette da Goldman Sachs perché – rilevava – i due istituti hanno “le maggiori sovrapposizioni” e perciò si possono razionalizzare sportelli e tagliare costi del 20-25%.

Una fusione che però potrebbe comportare alcune difficoltà, a cominciare dai due leader, Victor Massiah e Giuseppe Castagna, ad di Banco Bpm, che probabilmente malvolentieri rinuncerebbero ad essere il numero uno del nuovo gruppo.

IL REBUS DELLE ASSICURAZIONI

A pesare però, raccontano fonti finanziarie a Start Magazine, sarebbero gli accordi di bancassurance stipulati da Bpm che, in caso di fusione, sarebbero troppo vincolanti.

Intanto, come racconta l’agenzia Reuters, Ubi Banca è orientata a estendere l’accordo di bancassicurazione con Cattolica “rimandando ogni decisione strategica di lungo termine sul business assicurativo in attesa che si chiarisca il quadro sull’atteso consolidamento bancario tra gli istituti italiani di media dimensione”. L’istituto guidato da Massiah, peraltro, da tempo starebbe lavorando al dossier sul riassetto delle attività assicurative, che valgono circa 1 miliardo di euro, con l’obiettivo di trovare un unico partner in concomitanza con la scadenza degli attuali accordi, a fine 2020. Sempre secondo Reuters è probabile che a breve venga prorogato l’accordo con Cattolica in base al quale Ubi possiede il 40% della joint venture Lombarda Vita e il 20% di Aviva Vita. Non è neppure escluso, però, che l’istituto guidato da Massiah non decida di internazionalizzare il business del settore come ha fatto, ad esempio, Intesa Sanpaolo con Intesa Vita.

IL RAPPORTO TRA IL PATTO E L’AD MASSIAH

Un Massiah che nei giorni scorsi non sarà rimasto indifferente nel leggere il comunicato stampa in cui il Car ha messo nero su bianco di aver avuto conferma (il 27 gennaio 2020) dell’efficacia del Patto di Consultazione sottoscritto il 19 settembre scorso. Il Car – si ricorda nella nota – “rappresenta da oggi una sede di confronto tra significativi soci istituzionali e industriali di Ubi Banca, anche in relazione a future scelte strategiche, disciplinato facendo riferimento ai modelli elaborati dalla miglior prassi internazionale”. Insomma, gli azionisti del Patto ci sono e sono pronti ad avere un ruolo di primo piano.

Inoltre, prosegue il comunicato, “la Banca d’Italia in accordo con le competenti strutture della Banca Centrale Europea, ha comunicato che la Bce non darà corso al procedimento autorizzativo di acquisizione di partecipazioni qualificate in quanto, sulla base dell’interpretazione del vigente quadro normativo italiano, l’attuale composizione dell’azionariato aderente al summenzionato patto non assume rilevanza ai sensi degli artt. 19 e 22 del TUB, nonché ai sensi dell’art. 5 del Decreto n. 675 del 27 luglio 2011 del CICR”.

Massiah, dunque, sempre più sorvegliato a vista dai nuovi uomini forti del patto.

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