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Fondo Competenze

Che cosa penso degli emendamenti della Lega al decreto Dignità

Il commento dell’editorialista Giuliano Cazzola, blogger di Start Magazine Lo abbiamo capito fin dall’inizio. Nell’alleanza giallo-verde si confrontano tanto la maggioranza quanto l’opposizione. Fuori non è rimasto nulla (la passeggiata di Maurizio Martina a Tor Bella Monaca è stato patetica), se non qualche superstite di potenti formazioni politiche ‘’che risalgono in disordine e senza speranze…

Lo abbiamo capito fin dall’inizio. Nell’alleanza giallo-verde si confrontano tanto la maggioranza quanto l’opposizione. Fuori non è rimasto nulla (la passeggiata di Maurizio Martina a Tor Bella Monaca è stato patetica), se non qualche superstite di potenti formazioni politiche ‘’che risalgono in disordine e senza speranze le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza’’. Così, maggioranza e opposizione a turni regolari, i due caporioni che si sono divisi le aree di influenza (secondo il principio del cuius regio eius religio) non esitano ad operare qualche invasione di campo a maggiore tutela del proprio elettorato. Qualche autorevole ‘’grillino’’ storce il naso in presenza delle intemerate di Matteo Salvini contro i negher (anche se va riconosciuto che Giggino Di Maio e l’ex carabiniere coi boccoli Danilo Toninelli hanno sempre retto la coda al ministro di Polizia), mentre i ‘’leghisti’’ alla Camera, avvertiti del malpancismo dei padroni padani, hanno presentato degli emendamenti recanti modifiche non di poco conto sulla questione dei contratti a termine.

Si tratta – a quanto è dato di capire – di introdurre un regime transitorio che pur mantenendo a 24 mesi la durata massima di un contratto a termine (questa sarebbe stata l’intenzione dello stesso Pd se avesse vinto le elezioni) farebbe saltare la causale, soprattutto nel caso delle Pmi. Ad onor del vero, la presenza di un ‘’causalone’’ (attinente a generiche ragioni produttive ed organizzative) messo ‘’nella vigna a far da palo’’ per giustificare il ricorso al lavoro temporaneo, non avevano scoraggiato più di tanto l’utilizzo di questa tipologia di assunzione, anche se su di essa incombeva la minaccia del contenzioso.

Il decreto Poletti del 2014 aveva ampiamente liberalizzato il ricorso al contratto a tempo determinato, contribuendo allo sblocco del mercato del lavoro. E questo istituto era continuato ad essere la forma prevalente nei flussi dell’occupazione anche quando, nella legge di bilancio, le assunzioni o le trasformazioni in rapporti a tempi indeterminato (in sintonia con il contratto a tutele crescenti) erano state fortemente incentivate (fermo restando l’aumento del costo del lavoro a termine disposto dalla legge n.92 del 2012).

In ogni caso, l’abolizione del ‘’causalone’’ nell’ambito dei 36 mesi di possibile utilizzo a termine di un lavoratore nella medesima azienda e con le stesse mansioni, aveva determinato una salutare diminuzione del contenzioso. Secondo i dati del Ministero della giustizia le cause in tale materia (nel settore privato) iscritte a ruolo nel corso del 2013 erano state 4.261, nel 2014 2.822, nel 2015 1.667, nel 2016 1.174 e nel 2017 888. Il decreto Di Maio non si era limitato a ripristinare una causale generica, ma ne aveva previste di nuove assai specifiche, subito operative alla scadenza dei contratti in essere e applicate anche ai contratti di somministrazione. Secondo l’emendamento della Lega la causale di assunzione a termine dovrebbe risultare “con riferimento al contratto commerciale di somministrazione sottoscritto con l’Azienda utilizzatrice”.

Se abbiamo ben compreso la causale sarebbe inserita nel contratto commerciale tra l’Agenzia stessa ed il soggetto utilizzatore del personale somministrato. Il che rasenta la follia, visto che non si giustificano i motivi per i quali un’azienda dovrebbe dar conto ad un suo fornitore (in questo caso di manodopera) delle esigenze che la inducono ad allargare provvisoriamente gli organici ricorrendo alla somministrazione. Ammesso e non concesso così che le imprese siano in condizione di evitare i ricorsi dei lavoratori (chi impedirebbe ad un giudice di mettere il naso anche nel contratto commerciale su istanza di un lavoratore che rivendica la nullità del suo contratto a termine?) si aprirebbe un ambito di contenzioso tra l’Agenzia e l’utilizzatore. Insomma, un bel pasticcio.

È probabile che il ministro-ragazzino si avvalga del compromesso proposta dalla Lega, per divincolarsi dalla trappola in cui si è cacciato, da quando è divenuto palese che il suo provvedimento il lavoro non lo tutela di più, ma lo distrugge. In fondo Salvini (il maggiore dei fratelli De Rege) gli è venuto incontro sul terreno dei voucher. E soprattutto ha concesso agli alleati la pagliacciata del taglio dei vitalizi. E Giuseppe Carneade Conte che fa? Resta a guardare in silenzio. Come le stelle.

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