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Che cosa faranno le banche dopo l’addendum Bce sugli Npl

L’approfondimento di Francesco Ninfole, giornalista di Mf/Milano Finanza Le misure dell’addendum della Vigilanza Bce sono valide sui nuovi crediti deteriorati a partire dal primo aprile. Si è quindi entrati nel nuovo scenario regolamentare: i supervisori si aspettano dalle banche una svalutazione integrale dei nuovi non-performing loans, anche relativi a prestiti già erogati: in due anni…

Le misure dell’addendum della Vigilanza Bce sono valide sui nuovi crediti deteriorati a partire dal primo aprile. Si è quindi entrati nel nuovo scenario regolamentare: i supervisori si aspettano dalle banche una svalutazione integrale dei nuovi non-performing loans, anche relativi a prestiti già erogati: in due anni per i non garantiti e in sette anni per i garantiti.

LE CONSEGUENZE SUI PRESTITI

Mettendo da parte l’impatto sulle banche (secondo Equita 3,7 miliardi di capitale Cet1 nel 2020), le principali conseguenze saranno per il credito alle aziende. In quale modo le nuove regole influenzeranno i prestiti? Si può immaginarlo leggendo i commenti di imprese e banche nella consultazione Bce sulla bozza di addendum. La versione finale ha poi chiarito la natura di «aspettativa di vigilanza» (che resta da verificare in concreto), ma nel merito non ha modificato gli aspetti principali del primo testo. L’impatto più temuto riguarda il credito non garantito e quello per le pmi con merito di credito medio-basso: soprattutto in questi ambiti potrà esserci una riduzione dei volumi erogati, la definizione di plafond massimi e un aumento dei tassi ai clienti.

CHE COSA DICE LA CONFINDUSTRIA EUROPEA

Secondo Business Europe, l’associazione delle aziende europee, «le banche chiederanno garanzie in modo sistematico, soprattutto per le pmi, per evitare la svalutazione integrale in due anni» e «la pubblicazione dell’addendum all’inizio della ripresa rappresenta una stretta in conflitto con la politica monetaria espansiva della stessa Bce». Business Europe ha anche sottolineato che «misure di riduzione del rischio possono portare a conseguenze avverse e aumentare il rischio sistemico», andando così in direzione opposta rispetto agli obiettivi di partenza. Perciò sarebbe stata «essenziale» un’analisi di impatto complessiva per assicurare che le norme «non danneggino le imprese». L’analisi di impatto non è poi stata pubblicata dalla Bce: il presidente della Vigilanza Danièle Nouy l’ha giudicata «inutile, se non del tutto infattibile», mentre l’impatto della normativa è stato definito «modesto» dal capo della task force sugli npl Sharon Donnery.

LE PREOCCUPAZIONI DELLE SOCIETA’ ITALIANE

Eppure le preoccupazioni delle imprese europee (Business Europe non ha aggiunto nuove considerazioni dopo l’addendum finale) sono state condivise dagli altri soggetti che hanno partecipato alla consultazione (tra cui Rete Imprese, Confartigianato e Confcommercio) e anche dalle banche, che pure hanno chiesto senza successo un’analisi di impatto approfondita. L’Abi ha sottolineato cinque «gravi conseguenze sull’attività creditizia» delle nuove norme: «favorirebbero l’erogazione del credito solo ai clienti con rating elevato (cosiddetto cherry picking), ovvero a controparti con un livello di solvibilità assai elevato»; «limiterebbero la concessione di nuovo credito alle famiglie»; «comporterebbero la definizione da parte delle banche di un plafond massimo di prestiti non garantiti erogabili alle pmi, a causa del costo del capitale (effetto implicito degli assorbimenti patrimoniali imposti dalla vigilanza) particolarmente penalizzante che interesserebbe questo tipo di esposizioni creditizie in caso di un’inversione inattesa del ciclo creditizio»; «costringerebbero le banche a trasferire ai clienti i costi più elevati che derivano dagli assorbimenti patrimoniali imposti dalla vigilanza»; «causerebbero un aumento generale dei tassi di interesse pagati dai clienti a basso rating (famiglie e pmi)». Un quadro piuttosto preoccupante per un Paese con una struttura economica come quella italiana, con molte pmi e lente procedure di recupero dei crediti. Si tratta di nodi che l’Italia deve comunque sciogliere al più presto: il problema è che la nuova disciplina Bce (magari positiva in un periodo di grande crescita economica e forte espansione creditizia) è partita senza valutare gli effetti immediati (soprattutto su alcuni Paesi) e senza un adeguato periodo transitorio (anzi in modo retroattivo sui prestiti già erogati).

I TIMORI DELL’ABI

I timori sull’economia sono stati confermati dall’Abi dopo l’addendum finale, anche alla luce della confusione con le simili regole di primo pilastro che saranno definite nei prossimi mesi dal Parlamento e dal Consiglio Ue (la Commissione ha già definito le prime proposte, si veda grafico in pagina). Il comitato esecutivo dell’Abi ha espresso «l’auspicio affinché si arrivi al più presto ad una stabilizzazione e semplificazione del quadro normativo europeo, condizione per garantire il giusto bilanciamento tra esigenze di stabilità e di crescita e dare alle banche europee certezza giuridica». In tal senso, gli istituti hanno evidenziato «la necessità che il Parlamento e il Consiglio valutino le proposte della Commissione tenendo conto degli impatti sulle imprese e sull’erogazione del credito sulla base di una analisi costi – benefici delle singole misure proposte». Le banche si augurano che, una volta completata la normativa Ue di primo pilastro, anche quella della Vigilanza Bce (di secondo pilastro, cioè formalmente non vincolante per tutte le banche) sia poi allineata.

I PUNTI CRITICI

Secondo gli istituti ci sono alcuni punti critici da correggere: «Gli automatismi nella valutazione delle garanzie, le rigidità sulle possibilità di adottare misure di sostegno alle pmi e alle imprese in temporanea difficoltà, se non adeguatamente considerate, avrebbero un effetto prociclico, incidendo negativamente sulla ripresa in atto», ha osservato l’Abi. Le normative Ue e Bce colpiscono anche i crediti con garanzie certificate e gli incagli non garantiti: in quest’ultimo caso si dà addirittura l’incentivo alle banche di portare le aziende in default (per recuperare parte del credito incagliato) invece di tenerle in vita con nuovi finanziamenti. In attesa che il quadro regolamentare sia completato dai legislatori europei, imprese e banche da subito dovranno fare i conti con l’addendum.

(Articolo pubblicato su Mf/Milano finanza)

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