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Carlo Calenda

Tim, ecco parole e capriole di Cdp e governo su Elliott e Vivendi

Sull’ingresso dello Stato attraverso la Cdp nel capitale di Tim, dichiarazioni e contraddizioni nell’annuncio da parte del governo e della Cassa depositi e prestiti. L’approfondimento di Michele Arnese C’è una certa cacofonia istituzionale sulla vicenda Cdp-Tim. Ovvero: si aggiungono nuove domande a quelle già avanzate da Start Magazine, seppure in alcuni casi le risposte ci…

C’è una certa cacofonia istituzionale sulla vicenda Cdp-Tim. Ovvero: si aggiungono nuove domande a quelle già avanzate da Start Magazine, seppure in alcuni casi le risposte ci sono state ma contraddittorie. Andiamo con ordine.

Il 5 aprile la Cassa depositi e prestiti (controllata dal Tesoro) conferma le indiscrezioni della sera precedente dell’agenzia Ansa: entrerà nel capitale di Tim fino al 5%. Perché? “Tale investimento rientra nella missione istituzionale di Cdp a supporto delle infrastrutture strategiche nazionali”, mette per iscritto la società presieduta da Claudio Costamagna e guidata dall’ad, Fabio Gallia.

Non si fa riferimento ad alcun azionista forte (l’attuale Vivendi che comanda in Tim né il fondo Elliott che scalpita per scalzare Vivendi), non si indicano esplicitamente asset come la rete ex Telecom Italia, non si prefigurano scenari sulla società unica delle reti con Open Fiber (società di Enel e Cdp). Nulla di tutto ciò, tranne dire genericamente che Cdp opera anche nel caso in questione “a supporto delle infrastrutture strategiche nazionali”, quasi adombrando che Tim sia una società strategica. E per di più, fonti di Vivendi il giorno dopo garantiscono che l’intervento di Cdp non è una mossa ostile rispetto al gruppo francese; una dichiarazione che fa leva su un altro passo della dichiarazione di Cdp: l’intervento della Cassa in Tim “vuole rappresentare un sostegno al percorso di sviluppo e di creazione di valore, avviato dalla società in un settore di primario interesse per il Paese”, aveva messo per iscritto in effetti la società del Mef.

Il governo cosa dice? Nulla per giorni, né Palazzo Chigi né il ministero dell’Economia, azionista di Cdp con l’80%. Poi, sabato, parla – o meglio twitta, come suo solito – il ministro dimissionario dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. Nell’oceano di tweet, si scorge una risposta di Calenda all’economista Carlo Alberto Carnevale Maffé che lo interrogava: “Non stiamo mettendo lo Stato da nessuna parte – assicura l’ex direttore della montezemoliana Italia Futura – ma supportando un progetto che prevede una public company, sogno proibito di ogni liberista ben educato”. Replica l’economista bocconiano: “Una decisione interventista che ribalta in poche ore una linea politica ventennale merita una spiegazione articolata”. Calenda promette a breve un intervento “più istituzionale”.

Bene, tutto chiaro. Anzi no. In attesa dell’intervento più istituzionale di Calenda o di altri ministri – quando avranno tempo e voglia, con comodo – non si può non notare una certa differenza tra la dichiarazione della Cdp che non prende posizione fra Vivendi e Elliott – anche se tutte le analisi e le interpretazioni propendono per una mossa non pro Vivendi – e fa riferimento alle infrastrutture strategiche, e la dichiarazione di Calenda secondo cui la mossa dello Stato, ossia di Cdp, è a sostegno di un progetto di public company, che è appunto il progetto del fondo Elliott che punta a scalzare Vivendi da Tim.

Nella cacofonia istituzionale si inserisce un elemento più politico. L’Ansa del 4 aprile che ha anticipato l’operazione di Cdp in Tim scrive: ”Nella sortita diCdp il presidente del consiglio uscente Paolo Gentiloni, e con lui i ministri Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda (in rappresentanza del Ministero dell’Economia), risultano allineati a Giuseppe Guzzetti presidente di Acri (le fondazioni bancarie detengono il 15,93% di Cdp) e ogni mossa risulta verificata anche con le principali forze politiche, dai 5 Stelle alla Lega fino a Forza Italia”. Nessuna smentita per 4 giorni. Poi, domenica 8 aprile, Giancarlo Giorgetti, esponente di spicco della Lega di Matteo Salvini, ha detto in Mezz’Ora su Rai 3 a Lucia Annunziata: “La finalità di controllo della rete pubblica può essere letta in modo positiva in termini politici”. Poi Giorgetti ha aggiunto: “Il governo è arrivato in extremis a una decisione a favore non solo di Berlusconi ma anche degli interessi italiani: la finalità è sicuramente buona”. Comunque “noi noi siamo stai tenuti all’oscuro”, ha detto l’esponente del partito di Salvini.

Ohibò, quindi il governo a guida Pd fa un favore anche a Berlusconi? E in che senso? E i vertici della Cassa nominati durante il governo Renzi si prestano a questo obiettivo politico? Dichiarazioni che avallano indirettamente la lettura di Business Insider Italia secondo cui la mossa Costamagna di Cdp punta a intralciare da un lato Bolloré in Tim e dall’altro per accreditarsi con chi ha vinto le elezioni del 4 marzo (lavorando alla società unica delle reti gradita da Lega e M5S, come sottolinea da tempo Start Magazine) evitando interrogazioni parlamentari di Lega e M5S in fieri su alcune recenti operazioni della Cdp di Costamagna e Gallia come quelle elencate da Dagospia lo scorso setteembre.

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