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Carige

Carige, le sportellate di Malacalza contro Modiano e Innocenzi, l’aumento di capitale flop e il rischio risoluzione

Ecco che cosa succederà dopo che l'azionista forte di Carige, Malacalza, non ha approvato in assemblea l'aumento di capitale. Fatti, numeri, commenti e scenari

Incredibile ma vero. Tre mesi dopo che Malacalza ha vinto nell’assemblea di Carige eleggendo i vertici da lui proposti, lo stesso Malacalza boccia i piani del vertice della banca ligure.

E’ quello che è successo ieri a sorpresa nell’ennesima tappa dell’odissea di Carige che continua a inghiottire capitale sotto il forcing della Bce tra scontri sempre più intensi e a volte bizzarri.

Ecco quello che è successo ieri.

CHE COSA E’ SUCCESSO IERI NELL’ASSEMBLEA DI CARIGE

Nell’assemblea straordinaria di Banca Carige, dove gli azionisti erano chiamati a deliberare l’aumento di capitale da 400 milioni di euro, è arrivato lo stop di Malacalza Investimenti. Il socio forte dell’istituto genovese – detiene il 27,5% del capitale – si è infatti astenuto in assemblea. In questa maniera non c’è stato il quorum e l’aumento non ha avuto il disco verde.

TUTTI GLI EFFETTI DELLA MOSSA A SORPRESA DI MALACALZA

Malacalza in sostanza ha sconfessato la proposta del consiglio di amministrazione nominato appena tre mesi proprio dalla lista di maggioranza presentata dagli stessi Malacalza. “Un cda sfiduciato dagli azionisti, in condizioni normali, non potrebbe fare altro che dimettersi. Se non lo farà, forse anche su richiesta della Vigilanza, sarà per tamponare la nuova fase di emergenza che potrebbe aprirsi malgrado l’ottimismo dell’assemblea dei soci”, ha commentato oggi il Sole 24 Ore.

LE PROSSIME TAPPE

Tutto è rinviato alla prossima assemblea e dopo la presentazione del piano dell’amministratore Fabio Innocenzi, previsto a febbraio. La banca andrà avanti con i soldi del Fondo Interbancario, che peraltro era intervenuto anche sulla base della promessa della ricapitalizzazione ieri naufragata.

LE FASI DELL’AUMENTO DI CAPITALE

L’aumento di capitale da 400 milioni di euro rappresentava, infatti, la seconda fase del rafforzamento patrimoniale avviato con l’emissione di un bond subordinato sottoscritto per 320 milioni di euro dallo Schema Volontario di Intervento del Fondo Interbancario di Garanzia (composto dalle maggiori banche attive in Italia).

IL RUOLO DEL FONDO INTERBANCARIO

Una manovra complessiva rispetto alla quale la banca aveva comunicato aver ricevuto l’autorizzazione dalla Bce, che ha tra l’altro esteso al 31 dicembre 2019 il termine entro il quale dovrà essere conseguita in “modo sostenibile” l’osservanza dei requisiti patrimoniali.

L’EFFETTO DEL BOND SOTTOSCRITTO DAL FONDO INTERBANCARIO

Carige ha tamponato il deficit di total capital ratio al 31 dicembre grazie al bond subordinato da 320 milioni sottoscritto dallo schema volontario del Fondo interbancario di garanzia, ovvero da quasi la totalità del sistema bancario. Un sostegno che è arrivato perché né il mercato né i principali soci di Carige erano disponibili a prestare soldi alla banca. Quel bond, che in teoria doveva essere rimborsato con i 400 milioni dell’aumento che è svanito, doveva pagare una cedola annua del 13%. “Secondo le clausole dell’accordo siglato col fondo, essendo saltata la ricapitalizzazione, l’aumento della rischiosità del bond fa salire da subito il suo rendimento annuo al 16%. Il che comporta che Carige in un anno dovrà pagare interessi per 51,2 milioni di euro per un solo subordinato”, ha commentato il Sole.

LE PAROLE DI MALACALZA

“Non è una bocciatura per il cda” – ha commentato Malacalza – ma, astenendosi dalla votazione sull’aumento di capitale con il suo 27,5%, l’imprenditore ha comunque fatto mancare il quorum (era presente il 40% del capitale sociale) per rimandare la decisione sull’aumento a dopo la presentazione del piano, atteso a febbraio.

IL COMMENTO DI INNOCENZI

“Dobbiamo riflettere, ora presidente e amministratore delegato devono parlarsi”, hanno fatto sapere i vertici al termine dell’assemblea. Una mossa che potrebbe costare molto cara a tutti i soci: “La prima metà dell’operazione comporta un onere di 17 milioni se l’operazione viene approvata nel suo intero che diventano 51,2 all’anno per 10 anni se dovesse essere interrotta da questa assemblea”, ha spiegato Innocenzi che per non far naufragare il progetto era disposto anche a vincolare in qualche modo la delega all’aumento.

CHE COSA HA MORMORATO IL PRESIDENTE MODIANO

“Non c’è tempo, non si può fare a marzo, ci bocciano, ci ammazzano tutti”, si è lasciato andare il presidente di Carige Pietro Modiano, durante una pausa dell’assemblea.

LA SPIEGAZIONE DI INNOCENZI

Un eventuale futuro aumento di capitale non sarà più garantito e la decisione della Bce e gli outlook migliorati “sono entrambi basati sull’insieme del rafforzamento patrimoniale e non solo sulla prima gamba” spiega Innocenzi ma non basta a convincere Malacalza che “non è contrario per principio” dice ma che dopo aver investito oltre 400 milioni (che oggi valgono in Borsa circa 70 milioni, ndr) non intendono impegnarsi oltre senza prima “fare piena luce sulle vicende e l’operato del precedente management” (un’azione di responsabilità potrebbe arrivare con l’assemblea di bilancio, al termine dell’istruttoria in corso).

TUTTI I SOLDI BRUCIATI

I soci di Banca Carige finora hanno sottoscritto aumenti per 2,2 miliardi di euro, tutti bruciati e “le informazioni disponibili non sono sufficienti per sapere se questo avrà la stessa sorte”. “Manca il piano industriale – fa notare Malacalza – manca una completa e definitiva stima dell’intero portafoglio crediti, non è dato sapere se l’autorità di vigilanza ha intenzione di svolgere ulteriori assesment sulla banca e imporre ulteriori prescrizioni, non sono noti i risultati di bilancio 2018 e si è ancora in attesa degli obiettivi patrimoniali che saranno dati a Carige nel 2019”.

L’AUMENTO DI CAPITALE COME UNICA ANCORA DI SALVEZZA

Vero? E’ lo stesso Innocenzi ad ammetterlo che però come contropartita indica: “Non possiamo permetterci di mettere 512 milioni sulle spalle della banca come interessi, un aumento senza garanzia, di rinunciare al capital conservation plan e magari all’outlook positivo”. L’aumento era secondo il manager l’unica soluzione possibile “in un sentiero stretto e con tempi che dovevano essere rapidi”.

Il rischio risoluzione è dietro l’angolo per Carige.

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