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Carige

Carige, cosa succederà fra Malacalza e Mincione (e perché la banca rischia ancora la risoluzione)

Chi vincerà il 20 settembre all'assemblea di Carige fra Malacalza e Mincione? Risponde Carlotta Scozzari, giornalista di economia e finanza, già a Finanza&Mercati, a Repubblica, al Messaggero e ora a Business Insider Italia, autrice l'anno scorso del libro "La vera storia della Carige di Genova"

Chi vincerà il 20 settembre all’assemblea di Carige fra Malacalza e Mincione? “Impossibile fare previsioni. Tuttavia, l’attuale sterilizzazione dei voti della cordata Mincione sotto il 10% contro il 15% abbondante posseduto potrebbe favorire la famiglia Malacalza”.

Risponde così Carlotta Scozzari, giornalista di economia e finanza, già a Finanza&Mercati, a Repubblica, al Messaggero e ora a Business Insider Italia.

Scozzari tra l’altro segue da tempo le vicissitudini di Carige e ha anche scritto l’anno scorso il libro “La vera storia della Carige di Genova”.

Scozzari, partiamo dai numeri che non si sbaglia mai per capire come stanno le cose anche in Carige. Qual è il vero stato di salute della banca? E’ vero che è a rischio risoluzione? E perché?

La banca, alla fine del 2017, ha portato a termine con estrema fatica un aumento di capitale da poco meno di 550 milioni. Se, da una parte, è vero che altre banche in difficoltà non sono riuscite affatto a ricapitalizzare, lo è altrettanto che Carige per completare l’operazione si è rivolta a fondi e investitori che, in molti casi, prima hanno comprato e poi hanno venduto le azioni una volta chiuso l’aumento di capitale. Inoltre, con la lettera inviata alla banca dalla Bce alla fine dello scorso luglio è stato ufficializzato – lo si sospettava già perché qualche consigliere dimissionario lo aveva accennato – che già dal primo gennaio Carige non rispettava il requisito patrimoniale complessivo. Ancora al 30 giugno scorso, stando agli ultimi dati disponibili, la banca non rispettava il requisito minimo di Total capital ratio richiesto dalla Bce.

E quindi?

Sulle modalità per riportare in ordine i coefficienti patrimoniali si giocherà, a questo punto, il risanamento effettivo e quindi in definitiva la salvezza della banca.

E chi lo deciderà?

A decidere i passaggi sarà il nuovo consiglio di amministrazione che verrà fuori dall’assemblea dei soci del 20 settembre. Solo da lì si capirà se effettivamente Carige riuscirà a scongiurare un’eventuale messa in risoluzione con le regole del bail-in, perché in questo momento il rischio ancora esiste.

Quali sono le reali divergenze fra Malacalza e Mincione? Il primo non vuole accasare la Carige mentre Mincione vuole farla sposare con un’altra banca? O ci sono anche altre divergenze?

Le principali divergenze tra i soci Malacalza e la cordata Mincione riguardano la gestione della banca e il suo futuro. Per l’attuale primo socio con oltre il 27% del capitale è fondamentale cambiare l’ad Paolo Fiorentino con Fabio Innocenzi, mentre il finanziere londinese, con Volpi e Spinelli, punta a mantenere lo status quo. Inoltre, la famiglia Malacalza non vede con favore una possibile aggregazione, al contrario caldeggiata dalla cordata di Mincione e anche dalla Bce nella lettera di luglio. Il motivo per cui Malacalza disdegna l’ipotesi di una aggregazione è che Carige entrerebbe a fare parte verosimilmente di un gruppo più grande e la famiglia che vive a Genova perderebbe la capacità che finora bene o male ha mantenuto di comandare e prendere le decisioni più importanti.

Perché Malacalza ha mollato Fiorentino?

Credo che, sin dall’inizio, Fiorentino non corrispondesse perfettamente all’idea di amministratore delegato che la famiglia Malacalza, e in particolare Vittorio, aveva in mente. Vero è che gli ultimi anni, con il continuo ricambio di ad, ci hanno insegnato che le esigenze di Malacalza in fatto di timonieri della banca sono particolarmente difficili da soddisfare. Ritengo che, in ogni caso, la rottura definitiva tra Malacalza e Fiorentino si sia consumata, diventando insanabile, sull’aumento di capitale dell’anno scorso, con l’ingresso voluto dall’ad di nuovi investitori che avrebbe potuto spodestare il primo azionista dal trono. Fiorentino, inoltre, non ha mai fatto mistero di volere condurre Carige nel perimetro di un altro gruppo bancario, ipotesi che Malacalza vede come il fumo negli occhi.

Mincione è solido o c’è molta fuffa finanziaria?

Essendo il veicolo con cui Mincione detiene oltre il 5% di Carige collocato in Lussemburgo, non è semplicissimo ricostruire chi siano gli eventuali investitori accanto al finanziere e quali siano i numeri effettivi. Discorso analogo con difficoltà probabilmente persino maggiori per il veicolo, panamense, con cui Volpi custodisce il 9% della banca ligure. Sono questi due elementi che potrebbero contribuire nella migliore delle ipotesi a rendere più lunghi i tempi del via libera di Bankitalia alla cordata Mincione a salire oltre il 10% e quindi a votare per la quota di azioni effettivamente possedute, pari a poco più del 15 per cento.

D’altra parte, in questa sfida per il controllo di Carige, non è esente da critiche nemmeno la famiglia Malacalza, per via della messa in liquidazione della propria società Omba e della richiesta di uno sconto importante sull’esposizione con le banche, tra cui proprio l’istituto genovese.

Beppe Grillo, che è di Genova, si è mai pronunciato su crisi e prospettive della banca?

Non mi risulta che Beppe Grillo si sia mai espresso su Carige, la banca della sua città, con la medesima enfasi con cui lo fece per Monte dei Paschi di Siena. Eppure le situazioni e le difficoltà delle due banche sono state in molte occasioni decisamente simili.

Chi vincerà fra Malacalza e Mincione?

Impossibile fare previsioni. Tuttavia, l’attuale sterilizzazione dei voti della cordata Mincione sotto il 10% contro il 15% abbondante posseduto potrebbe favorire la famiglia Malacalza.

(TUTTI I SUBBUGLI SINDACALI PER IL RINNOVO DEL CONTRATTO DI LAVORO DEI BANCARI)

 

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