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Ecco come e quanto s’allarga il fronte pro Elliott in Tim, tutti i dettagli

Si allarga il fronte pro Elliott in Tim? E’ la domanda-sensazione di queste ore fra addetti ai lavori e analisti che, a latere della contesa legale che vede contrapposti l’attuale azionista di comando di Tim, la francese Vivendi, e l’arrembante fondo americano Elliott. Ma è sul fondo statunitense di Paul Singer che si vanno coagulando…

Si allarga il fronte pro Elliott in Tim? E’ la domanda-sensazione di queste ore fra addetti ai lavori e analisti che, a latere della contesa legale che vede contrapposti l’attuale azionista di comando di Tim, la francese Vivendi, e l’arrembante fondo americano Elliott. Ma è sul fondo statunitense di Paul Singer che si vanno coagulando appoggi e sostegni finora non previsti.

LO STATO DELL’ARTE

Dopo la decisione di Assogestioni di non presentare una lista per il rinnovo del cda – una mossa che indirettamente porta acqua al mulino di Elliott che intende scalzare Vivendi -, dopo l’intervento di Cdp di fatto in appoggio alla strategia di Elliott (significative le parole in questo del senso del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda), seppure contestato dal Codacons che ha spedito alla Procura un esposto per aggiotaggio e insider trading, a fianco del fondo di Paul Singer si stanno avvicinando, direttamente o indirettamente, investitori, fondi e banche. In primis Blackrock, Norges e Fidelity, secondo le indiscrezioni. Ecco tutti gli ultimi dettagli.

CHE COSA HA DETTO EURIZON-INTESA SANPAOLO

Rilevanti ieri le dichiarazioni dì Tommaso Corcos, presidente di Eurizon, la società dei fondi che fa capo a Intesa Sanpaolo: “Era giusto che il nostro ruolo fosse quello della difesa degli interessi dei sottoscrittori. E, in questo momento, questo interesse fa propendere per un cambio della governance”, ha detto Corcos, che è anche presidente di Assogestioni, commentando la decisione del Comitato di gestione di Assogestioni di non depositare una lista di candidati per l’elezione dei componenti del consiglio di amministrazione di Tim, nell’assemblea del prossimo 4 maggio, ha confermato indirettamente il favore per Elliott nella sfida per il controllo di Tim. “Ci siamo mossi pensando che la strada più giusta per migliorare la corporate governance era non presentare la lista”, ha continuato il numero uno dell’associazione, oltre che direttore generale di Eurizon Capital. Corcos ha spiegato che “è stato più facile non presentare una lista proprio per il fatto che tutti sapevamo che migliorare la governance dell’azienda era un must, un obbligo”.

I NUMERI IN BALLO

Con gli appoggi di fondi e altri investitori, Elliott potrebbe contare già sull’appoggio di circa il 30% del capitale di Tim, secondo le indiscrezioni di mercato che si raccolgono in queste ore. A favore ci sarebbero grossi investitori come come Blackrock (accreditato di detenere il 5,6%), fondi sovrani come Norges (2,6%, secondo Bloomberg) e fondi tradizionali come Fidelity, scrive oggi il Sole 24 Ore.

CHE COSA DICONO I PROXY ADVISOR

Un ruolo lo hanno avuto in questo senso, e lo avranno ancora nei prossimi giorni a ridosso dell’assise degli azionisti dell’ex Telecom Italia i proxy advisor, i grandi consulenti dei fondi. Dopo Glass Lewis anche il proxy advisor Iss (Institutional Shareholder Services) ha suggerito agli azionisti dell’ex Telecom Italia di votare per la rimozione dei consiglieri di Vivendi e la loro sostituzione con quelli proposti da Elliott. Il fondo Usa (affiancato dagli advisor Georgeson, Vitale & Co, Triscornia e Bluebell Partners), secondo Iss, “ha dimostrato la necessità di un cambiamento nella società”.

I GIUDIZI FICCANTI

Per lo stesso proxy advisor “Vivendi sembra essere molto più un peso che un asset per Tim”, costretta a “diversi cambi di board e management durante gli ultimi anni” senza che l’azionista francese sia stato in grado di portare «stabilità». Pure Frontis Governance si schiera a favore del fondo americano nel voto per il board all’assemblea Telecom del 24 aprile, raccomandando di votare per i candidati dello scalpitante fondo Elliott. Frontis “condivide le preoccupazioni di Elliott riguardo ai potenziali conflitti d’interesse di Vivendi”, ha messo per iscritto in maniera esplicita. Uno dei capitoli più critici, secondo i proxy advisor, è quello della remunerazione dei manager di Telecom. Frontis, come Iss, è a favore della ratifica della nomina del ceo Amos Genish, ma è contrario alla politica di remunerazione e del piano di incentivi a lui riservato.

LE CRITICHE AI VERTICI

Non mancano, comunque, le critiche anche serrate ai vertici di Tim espressione del gruppo Vivendi di Vincent Bolloré. La società ha “significativamente aumentato la remunerazione fissa del presidente esecutivo Arnaud de Puyfontaine (da 700.000 a 900.000 euro, ha ricordato il Sole) senza dare una spiegazione convincente”, sibila Iss. I benefici a favore del ceo-dg Amos Genish – riporta il Sole 24 Ore – “sono eccessivi rispetto agli standard di mercato” indica il consulente, facendo riferimento ai 400mila euro per anno inclusi nella remunerazione del ceo come “pacchetto per l’espatrio, a copertura delle spese del trasferimento della famiglia (abitazione, scuola dei figli, trasporti e viaggi”. Quanto al piano di incentivi in azioni riservato al ceo, Iss ne critica «i livelli eccessivi». In caso di netto superamento dei target di performance, «il Ceo riceverebbe un numero di azioni fino a 15 volte la sua remunerazione fissa annuale» e anche al livello di base, riceverebbe un compenso pari a tre volte la remunerazione fissa. C’è da dire che proprio il tema degli incentivi in azioni potrebbe essere votato in assemblea, chiosa il Sole.

LO SCENARIO

Di fatto Assogestioni deve sperare che resti in vita il consiglio attuale, dove i suoi cinque consiglieri, capofilati dalla “veterana” Lucia Calvosa, “hanno fatto un gran lavoro, «un’ottima prova di corporate governance”. Per arrivare a 15 resterebbero due posti che Vivendi, se decidesse di riporre le armi, potrebbe ricoprire nominando due suoi consiglieri direttamente in assemblea (con Genish e Bernabé avrebbe quattro amministratori). Diversamente, se si andasse al rinnovo del board il 4 maggio, Elliott piazzerebbe probabilmente tutti e dieci i suoi candidati, scalzando Vivendi che comunque. anche da minoranza, avrebbe assicurati cinque posti.

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