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Bitcoin, ecco verità e frottole

L’approfondimento di Marcello Bussi, giornalista di Mf/Milano Finanza Il bitcoin è tornato a toccare gli 8.500 dollari venerdì 20 aprile, cosa che non succedeva dal 25 marzo. Il rialzo registrato dal minimo di aprile, 6.400 dollari il 1° del mese, è stato quindi superiore al 25%. Il clima è cambiato. I GRANDI INVESTITORI Se a…

Il bitcoin è tornato a toccare gli 8.500 dollari venerdì 20 aprile, cosa che non succedeva dal 25 marzo. Il rialzo registrato dal minimo di aprile, 6.400 dollari il 1° del mese, è stato quindi superiore al 25%. Il clima è cambiato.

I GRANDI INVESTITORI

Se a marzo suonavano le campane a morto, adesso molti grandi investitori in criptovalute sono tornati a spararle grosse sui prossimi obiettivo del bitcoin. Tim Draper, nato come venture capitalist, ha previsto che entro il 2022 toccherà i 250.000 dollari, mentre Thomas Lee di Fundstrat ha detto di vederlo sopra quota 12.000 entro luglio.

LE PREVISIONI

Lee aveva pronosticato un rialzo a partire dal 17 aprile, ultimo giorno a disposizione dei contribuenti americani per pagare le tasse, sostenendo che i ribassi degli ultimi tempi erano in buona parte dovuti proprio alla necessità di trasformare in moneta fiat, ovvero in dollari, le criptovalute in portafoglio per adempiere ai doveri col fisco. Ma il vento è cambiato in anticipo, quando lo scorso 12 aprile il bitcoin ha guadagnato più di mille dollari in poco meno di un’ora spiccando un balzo da 6.950 a 8.055 dollari.

CROCE DELLA MORTE?

La criptovaluta è così uscita da una figura cara agli adepti dell’analisti tecnica, chiamata significativamente «croce della morte». C’era infatti il rischio di precipitare a livelli bassissimi, tipo 3.500 dollari, cosa che avrebbe reso antieconomca l’estrazione di bitcoin in gran parte dei Paesi del mondo. Qualcuno parlava addirittura di 800 dollari, cosa che avrebbe fatto deragliare tutto il settore dei miner, mettendo a repentaglio la sopravvivenza del bitcoin.

IL MANTRA DEI TULIPANI

Prospettiva apparentemente vista con sollievo dai tanti critici che nei mesi scorsi si sono scagliati contro questo nuovo mondo, ripetendo il mantra della bolla dei tulipani e dipingendo i bitcoiner come una massa di delinquenti. Tesi accreditate da molti articoli della stampa mainstream. È però bastato poco per mettere a tacere i critici o perlomeno smussare i loro attacchi più pesanti, a sottolineare che quando si parla di bitcoin è altissima la volatilità non solo dei prezzi ma anche delle opinioni di tanti presunti esperti.

L’OPINIONE DI SPALLANZANI

Secondo John Spallanzani, gestore di Miller Value Partners, «le vendite dovute alle scadenze fiscali sono finite, i maggiori hedge fund sono entrati nel mercato con tasche profonde e mani forti. Sono tutti segnali positivi». Negli ultimi giorni sembra siano entrate in azione le cosiddette whales, ovvero le balene, i grandi possessori di bitcoin, capaci di muovere (qualcuno direbbe manipolare) il mercato.

L’ENTRATA DI NUOVI PROTAGONISTI

Ma è soprattutto la prospettiva dell’arrivo di nuovi protagonisti, provenienti dalla finanza tradizionale, che ha contribuito a riportare l’ottimismo: il re degli speculatori, quel George Soros che all’inizio dell’anno al World Economic Forum di Davos aveva detto peste e corna del bitcoin, ha dato al Soros Fund Management, che gestisce il patrimonio di famiglia (26 miliardi di dollari), il permesso effettuare compravendite di criptovalute. Lo stesso farà la famiglia Rockefeller attraverso la società di venture capital Venrock, fondata nel 1969 da Laurance Rockefeller, che ora gestisce 3 miliardi di dollari.

IL BALLO DEI MANAGER

Mentre sta diventando sempre più consistente l’esodo di manager dalla finanza tradizionale al mondo delle criptovalute. Nei giorni scorsi l’americana Coinbase ha annunciato che Alesia Haas ha lasciato il posto di cfo nell’hedge fund Och-Ziff Capital Management per assumere lo stesso incarico nella piattaforna di scambio di criptovalute. Mentre l’ex dirigente di Goldman Sachs Breanne Madigan si è unita al principale portafoglio crittografico Blockchain.com in qualità di responsabile delle vendite e della strategia istituzionale. E anche in altri Paesi l’interesse è sempre più forte: XP Investimentos, la più grande società di investimenti brasiliana, che gestisce oltre 35 miliardi di dollari e conta 600.000 clienti, ha annunciato che presto lancerà una piattaforma di scambio di criptovalute, tanto per fare un esempio.

PARLA SIMEONE

È poi sempre più forte ed esplicito l’interesse delle banche per la tecnologia blockchain. Come ha osservato Antonio Simeone, co-fondatore e ceo di Euklid, un fondo le cui scelte di investimento vengono dettate dall’intelligenza artificiale, in un saggio pubblicato nei giorni scorsi da Aspenia, la rivista dell’Aspen Institute, «ora sono le stesse banche, che inizialmente hanno sottovaluto il fenomeno, a volerne usufruire». Mentre, secondo Simeone, «l’industria del risparmio gestito si potrebbe rendere completamente trasparente e affidabile delegando alla blockchain la registrazione di tutte le operazioni. Il cliente non avrebbe modo di dubitare della gestione delle proprie attività finanziare, perché impossibili da modificare. Con la blockchain non solo il gestore non può prendere commissioni non dichiarate, ma tali commissioni sarebbero rilevate qualora provasse a farlo».

IL LINK FRA BITCOIN E BLOCKCHAIN

Qualcuno sostiene che il bitcoin è una cosa e la blockchain un’altra. Ma lo stesso Simeone ammette che la blockchain del bitcoin «al momento rimane la più sicura e decentralizzata». L’unica, come ha detto Luca Venturini, lo sviluppatore italiano che ha scritto una parte del codice che gira su ogni nodo bitcoin, «in grado di dare una ragionevole garanzia di immutabilità» e quindi di «non reversibilità» delle transazioni. Queste caratteristiche, per fare un esempio, consentirebbero di mettere fine alla contraffazione sul mercato dei prodotti farmaceutici. E così viene messo a tacere chi sostiene che il bitcoin è come la bolla dei tulipani perché privo di un sottostante.

LA CARICA DEI LOBBISTI

Come si è visto, il bitcoin e la blockchain non possono essere separati. E, come ogni industria che si rispetti, anche quella delle criptovalute, si è dotata di lobbysti. A Washington, dove le cose si fanno come si deve, queste associazioni sono state riempite di ex vertici delle autorità di regolamentazione, come l’ex presidente della Cftc, Jim Newsome. C’è da scommettere che presto certe dichiarazioni diffamatorie nei confronti del bitcoin e di chi lo usa saranno solo un ricordo.

(Articolo pubblicato sul settimanale Milano Finanza)

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