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Europa Germania

Bail-in, tutte le ipocrisie della Germania

Il governo tedesco non arretra sul bail-in, bacchetta le dichiarazioni italiane sulle regole e poi si defila al momento della sua applicazione per le banche della Germania. L'approfondimento di Francesco Ninfole.

Il governo tedesco non arretra sul bail-in, perlomento nelle dichiarazioni, anche se poi si defila al momento della sua applicazione per le banche nazionali.

CHE COSA HA DETTO IL GOVERNO TEDESCO

«Le regole sul bail-in che siamo arrivati a scrivere sono una delle lezioni chiave che abbiamo appreso dalla crisi finanziaria e devono essere rispettate», ha detto ieri un portavoce del ministro delle Finanze Olaf Scholz, con implicito messaggio all’Italia. Non è chiaro perché Berlino agisca nei salvataggi con decisioni non in linea con le proprie convinzioni.

LE CONTRADDIZIONI DELLA GERMANIA SUL BAIL-IN

Il nobile obiettivo di salvaguardare i contribuenti penalizzando i privati (sarebbe questa la «lezione» secondo Berlino) si è scontrato con la volontà degli Stati di non mettere a repentaglio la stabilità finanziaria. È un dato di fatto che negli ultimi anni il bail-in, non per il principio in sé ma per come è stato ideato in Europa, è stato evitato da tutti i Paesi.

CHE COSA NON HA FATTO BERLINO

Non ha fatto eccezione neppure la Germania, che anzi più di tutti ha speso denaro pubblico, senza mai far pagare i privati: è avvenuto prima della stretta delle regole nel 2013, ma anche dopo, come dimostra la vicenda di Nord Lb, controllata da due Lander.

IL CASO LANDESBANK

Per la landesbank l’intenzione è quella di iniettare altro denaro pubblico «a condizioni di mercato» (sembra un ossimoro, ma la materia è in fase di valutazione dalla commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager): così non ci sarebbero svalutazioni per gli obbligazionisti subordinati né condizioni per la cessione del controllo da parte degli azionisti pubblici.

L’ESPERIENZA TEDESCA

L’esperienza delle crisi anche in Germania ha mostrato semmai che nelle crisi bancarie serve più flessibilità sugli interventi pubblici in situazioni estreme e meno rigidità sull’imposizione di perdite fino all’8% del passivo.

CHE COSA HA DETTO VISCO

Ieri il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha sottolineato in un convegno che oggi «la difficoltà non è la vigilanza» delle banche, «ma la gestione delle crisi che è diventata quasi impossibile». Per i grandi istituti di credito c’è il bail-in. Per quelli piccoli è ancora peggio, perché non c’è nulla, se non la liquidazione, in assenza della possibilità di interventi preventivi dei fondi interbancari di tutela dei depositi. Sono problemi che Bankitalia sottolinea da anni e nei giorni scorsi sono stati ribaditi in un discorso del capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo.

IL DIBATTITO DEGLI SCORSI GIORNI IN ITALIA

Nei giorni scorsi si è discusso di come l’Italia abbia potuto accettare queste regole sulle crisi. A fine 2013 il governo ha ottenuto promesse sul Fondo di risoluzione (in gran parte non mantenute dalla Germania) in cambio di un anticipo del bail-in dal 2018 al 2016. Si è anche parlato del presunto «ricatto», evocato da Giovanni Tria, da parte del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble nei confronti di quello italiano Fabrizio Saccomanni nel 2013.

(Estratto di un articolo pubblicato su Mf/Milano Finanza; qui l’articolo integrale)

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