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Capitali cinesi nei grandi gruppi azionari italiani. Infografica

I cinesi vengono a fare shopping (finanziario) in Italia. Il made in Italy, i grandi marchi, i prodotti italiani attirano i capitali del Dragone che nel frattempo hanno investito quasi sei miliardi e mezzo di euro nelle grandi aziende italiane, come riportiamo in questa infografica.

L’Italia, secondo alcuni calcoli, vale quasi il 20% del mercato azionario complessivo, globale, nel quale la Cina ha investito sin’ora. Se i fondi di investimento si sono affacciati in Italia ancora con una certa prudenza, People Bank of China ed altri soggetti istituzionali hanno fatto shopping di una serie di partecipazioni, non oltre il 2% (delle quotate in Borsa) in gruppi finanziari di importanza strategica per il nostro Paese.

L’ultimo in ordine di arrivo, il 2,012% di Generali, la più grande compagnia assicurativa in Italia, quarto gruppo per dimensioni nel mondo. Il gruppo assicurativo italiano fondato nel 1831 vede così salire al 15% la quota totale di partecipazioni straniere nel proprio azionariato. La quota acquisita dai cinesi ha un valore di 475 milioni di euro.

Come dimostriamo in questa infografica, il Dragone ha iniziato da poco tempo una scalata nel cuore strategico dell’industria e della finanza italiana.

-Ma Bank of China ha partecipazioni anche nei nostri due colossi energetici più importanti, vale a dire Eni ed Enel. Un 2% circa per entrambi questi gruppi che vale nel caso del “Cane a sei zampe” 1,4 miliardi di euro e nel caso di Enel 734 milioni di euro. 

Una delle ultime acquisizioni da segnalare e che ha fatto discutere molto gli analisti è la partecipazione di State Grid International Development (Sgid) in Terna e Snam, tramite Cassa Depositi e Prestiti reti, società di Cassa Depositi e Prestiti. Un investimento complessivo di 2,1 miliardi di euro per entrare in un settore, quello delle reti energetiche, molto importante per il sistema paese. Con questo tipo di investimento i cinesi si sono assicurati il 30% di Cassa Depositi e Prestiti reti. Secondo l’accordo con la Cina, questo dovrebbe consentire anche alle italiane Snam e Terna di fare operazioni in Cina.

Bank of China ha anche una serie di partecipazioni in Fiat, Telecom, e Prysmian, per un valore rispettivamente di 280 milioni per il Lingotto, di 330 milioni per la più grande compagnia telefonica (non più in mani italiane) e di circa 70 milioni di euro per l’ex ramo di Pirelli che produce cavi elettrici.

Non è da escludere nei prossimi mesi un interessamento da parte di fondi di investimento cinesi verso alcuni grandi marchi del made in Italy, come dichiarato dal numero 1 del Fondo, Primavera (che guarda caso nel nome si ispira alla Venere di Botticelli), Fred Hu, ex capo di Goldman Sachs in Cina. Siamo pronti ad investire in Italia parecchi miliardi di euro, ha detto Hu, ed anche nel settore dei grandi marchi italiani. La filosofia di questi investimenti è il lungo periodo, parole che abbiamo sentito anche in America a proposito dell’entrata di Alibaba in Snapchat.

 

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