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Nyt Intelligenza Artificiale

Il New York Times vuole diventare “digital first”. Ecco come

Una nuova figura che incrementi il numero dei lettori attraverso tutti i mezzi online e offline oggi disponibili; una stretta collaborazione tra le divisioni aziendali un tempo considerate solo di business e quelle prettamente editoriali; e una strategia per trasformare gradualmente il Times in un prodotto prima di tutto digitale.

 

Sono le principali proposte contenute nel documento che il team di Innovazione Digitale del New York Times ha presentato e reso pubblico online. La roadmap tracciata dal Times può essere considerata una pietra miliare sulla via della innovazione del media, non solo per il suo contenuto ma perchè proviene da una delle testate più blasonate di sempre.

Il percorso individuato è chiaro: “Prendersi tempo per valutare lo scenario generale e testare la strada da percorrere, ripensare l’editoria “print-centric” (con la carta al centro), utilizzare sperimentazioni e dati per prendere decisioni, assumere e dare potere ai migliori talenti digitali e stabilire una costante collaborazione tra i dipartimenti focalizzati sui lettori e quelli concentrati sul business”.

 

Il report è nato sei mesi fa, quando è stata formata una squadra di otto persone scelte tra le menti più smart della redazione. Il team ha impiegato i primi mesi a incontrare centinaia di dipendenti del New York Times, a intervistare i leader di decine di altre organizzazioni editoriali e ad ascoltare il punto di vista dei lettori. Ha inoltre valutato l’analytics interno, studiato i siti concorrenti e letto tutto il leggibile sui digital media.

 

Il frutto è stato appunto questo documento, che parte ammettendo una mancanza: “Siamo vincenti nel giornalismo – si legge – ma siamo indietro in un’area critica, ovvero l’arte e la scienza di far arrivare il nostro giornalismo ai lettori. Qui i nostri competitor prevalgono”. Il think-tank del Nyt fa tranquillamente i nomi dei concorrenti più bravi a muoversi nell’era digitale: Washington Post, Wall Street Journal, First Look Media, Vox Media, the Guardian, Usa Today, Huffington Post e Flipboard. Ognuno di loro si è distinto per qualche best practice in grado di accrescere l’audience digitale.

 

Il Nyt ammette che negli ultimi anni i suoi lettori sono diminuiti in modo significativo. Non solo: gli utenti sul sito si stanno riducendo così come quelli da smartphone.

 

Il gruppo di lavoro non dimentica gli elementi positivi: “Si è dissipata l’ansia diffusa nella redazione solo qualche anno fa” e il “successo del paywall ha garantito stabilità finanziaria e un giornale maggiormente focalizzato sul digitale”. Tuttavia serve una svolta: “Le poche, nuove proposte che abbiamo formulato – scrivono gli autori del report – non sono pensate per creare un nuovo tipo di giornalismo; il loro obiettivo è ottenere di più dal giornalismo che stiamo già creando.

 

Vogliamo contribuire a perfezionare il motore della redazione in modo che i cilindri funzionino in maniera più efficiente”. Cambiare sì, ma evolvendosi, non cancellando con un colpo di spugna le eredità precedenti. “Non una sola idea di trasformazione è contenuta nel nostro report –  scrivono i giornalisti del Nyt – perché la parola trasformazione può essere pericolosa nella situazione attuale, dal momento che suggerisce il passaggio da uno stato a un altro e quindi implica che ci sia un punto finale. Invece noi abbiamo guardato alla vertiginosa crescita di smartphone e tablet, ma nel frattempo continuiamo a lavorare sul web.

 

Abbiamo valutato la massiccia migrazione di utenti verso i social media senza trascurare di ridisegnare la nostra home page. Ad ogni passaggio arriveranno nuove, difficili domande e spenderemo il resto delle nostre carriere a fare i conti con esse”. 

 

Come? La ricetta del team del Times ha 3 parole chiave: avere un responsabile per lo sviluppo dell’audience multipiattaorma, far collaborarare reparti del giornale prima dedicati ad attività diverse basandosi sulla “reader experience” e – soprattutto – disegnare una strategia che renda il Times un prodotto “digital first”. Tutt’altro che un punto di arrivo quindi, ma un punto di partenza che avrà sicuramente ripercussioni sul mondo dei media.

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